
Stanislao
Porzio*
Il panettone classico milanese continua ad essere la stella polare,e non solo in Lombardia. Questo, mentre l’universo parallelo degli ingredienti alternativi ai canditi e all’uvetta sembra essersi stabilizzato. Le sue leggi fisiche si sono assestate: l’antimateria è il cioccolato. In gocce,glasse, creme o mescolato all’impasto, è diventato il mattatore. A sua volta, il cioccolato si lega con lamponi, amarene,ananas, rhum, albicocche, cannella, perfino con lo zenzero. Senza contare i panettoni salati, con formaggi, salumi, verdure, che consolidano la loro posizione. Ma il cambiamento è altrove. Secondo la recente indagine Nielsen per CSM Bakery Solutions, nel 2019 il consumo di panettoni artigianali ha superato in valore quello degli industriali: 109 milioni di euro contro 100. Era ora. È un onore aver contribuito a questo successo, ideando Re Panettone, primo evento di grande respiro con un pubblico medio di oltre 20mila visitatori, nato a Milano nel 2008 per promuovere la vera artigianalità. Eppure, mentre si moltiplicano le manifestazioni legate al panettone, si ode qualche scricchiolio. Quando un prodotto tira, in troppi ne approfittano. Alcuni chef, sfruttando la loro celebrità, griffano panettoni altrui. Non solo. Oggi la tecnologia offre semilavorati, i “mix”, che mettono in grado chiunque di fare panettoni accettabili, spacciati per artigianali. Non è giusto. Per far bene un panettone senza scorciatoie servono perizia, pazienza e molto tempo. La competenza e la fatica dei piccoli artigiani vanno protette. Per questo ho promosso la candidatura dell’Arte di fare il Panettone a Patrimonio Immateriale Unesco: non si può spacciare per panettone artigianale il banale assemblaggio di sostanze studiate da un tecnologo alimentare.
*Fondatore Re Panettone