Omicidio Giorgio Falcetto, le falle nella confessione del killer: la lite, l'arma, la fuga

Policlinico San Donato, l'aggressione al pronto soccorso: il pm chiede la custodia in carcere di Benedetto Bifronte, 62 anni

Milano, 14 dicembre 2022 - Custodia cautelare in carcere. La chiede il pm di Milano Giovanni Polizzi al gip, insieme alla convalida del fermo per il pregiudicato di 62 anni, Benedetto Bifronte, che martedì mattina ha ucciso colpendo alla testa con un’accetta Giorgio Falcetto, medico di 76 anni, fuori dal pronto soccorso del Policlinico di San Donato milanese. Il professionista, in pensione ma ancora in prima linea come libero professionista, aveva appena smontato dal turno di notte quando alle 10 ha visto la sua auto, una Chevrolet Aveo bordeaux, presa in pieno sulla fiancata da una Alfa 147 blu in retromarcia. Ha reagito urlando. E l’altro automobilista lo ha atterrato con l’accetta per poi scappare, lasciandolo in una pozza di sangue.

"Stavo andando a costituirmi"

I carabinieri lo hanno rintracciato nel pomeriggio, quando stava per salire sulla sua auto a Rozzano, parcheggiata distante dalla sua abitazione, una palazzina popolare nello stesso Comune. "Stavo andando a costituirmi", avrebbe detto l’uomo, pregiudicato di 62 anni già noto ai carabinieri del posto per il suo passato burrascoso dato che ha precedenti per truffa e porto abusivo d’arma. Poi, in caserma, la sua spiegazione è stata confusa. E sono tanti i punti ancora da chiarire. Prima di tutto: secondo il suo racconto sarebbe andato all’ospedale martedì mattina perché non si sentiva bene. Ma non risulta un suo accesso al triage.

L'assenza di riscontri

Ancora: "Io conoscevo già quel dottore", ha proseguito, sostenendo che Falcetto lo avesse visitato in passato indicandogli una terapia che a detta del sessantaduenne si sarebbe rivelata "inefficace". Però non ci sono riscontri su cure pregresse, né ci sono tracce di contatti precedenti tra l’uomo e il chirurgo. Un racconto che comunque potrebbe far pensare a un gesto "premeditato". Ma il sessantaduenne ha sostenuto davanti ai carabinieri di aver «urtato per sbaglio in retromarcia la sua auto parcheggiata. Lui è uscito e abbiamo iniziato a discutere. Poi non ci ho capito più nulla e l’ho colpito".

L'arma del delitto

Su dove fosse l’arma, che è stata trovata in serata in una intercapedine della scala che porta alla cantina della palazzina popolare in cui risiede l’uomo, il sessantaduenne non ha fornito indicazioni valide ai militari: prima avrebbe detto di averla gettata in un tombino. Poi di averla lasciata in una via e poi ancora in un’altra. Le bugie sono crollate quando l’accetta è stata trovata e sequestrata. Ora, dopo la richiesta del pm, ci sarà l’interrogatorio del gip.

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