Nessun infermiere disponibile per il piccolo Rayan. E così all’asilo nonna Jolanda veglia su di lui

Accade alla scuola materna di via Watt a Milano. Il bambino ha una disabilità che richiede assistenza in caso di urgenze. L’unica soluzione era un parente presente tutto l’anno

Nonna Jolanda (a sinistra) e mamma Enza

Nonna Jolanda (a sinistra) e mamma Enza

Milano – Lo stanzino è al piano superiore, appena sopra le aule della scuola materna di via Watt. Dentro trovano spazio un piccolo divano e un piccolo frigorifero, qualche libro e una presa della corrente per ricaricare lo smartphone. Ma soprattutto vi si trova Jolanda Romano. Lei è sempre lì, ogni mattina, dal lunedì al venerdì. La si trovava lì a settembre, quando è iniziato l’anno scolastico, e la si ritrova ora che l’anno va chiudendosi. Non è la dirigente dell’asilo né una maestra né una bidella. È una custode, in un certo senso. È l’angelo custode di suo nipote. Come tutti gli altri bambini, Rayan, 4 anni, sta al piano di sotto, sta in aula. In quello stanzino che assomiglia ad una sala d’attesa, Jolanda attende, sperando che l’attesa sia il più possibile vana. Attende di essere chiamata ad intervenire nel caso in cui il nipotino abbia bisogno: Rayan, infatti, è un bambino con grave disabilità, ha una peg, necessità di assistenza soprattutto per bere o per l’aspirazione. Detto in un altro modo: nonna Jolanda, in quello stanzino, ogni mattina, dall’inizio dell’anno scolastico ad oggi, ha colmato e continua a colmare la mancanza di un infermiere che possa assistere il bambino nelle ore in cui è all’asilo. E così facendo ha mantenuto intatto e universale quel diritto che troppo spesso, quando si tratta di alunni o studenti con disabilità, intatto e universale non resta.

A stabilire la necessità che Rayan sia seguito da un infermiere non solo all’asilo ma – si legge – fino a tutta la scuola primaria è il verbale firmato il 16 febbraio del 2022 dall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Milano, in particolare dalla commissione competente per le fragilità. A quel punto a Enza Di Luca, madre di Rayan, è stato fornito l’elenco degli enti che dovrebbero garantire tale supporto ai minori con disabilità e alle loro famiglie, vale a dire: gli enti accreditati dalla Regione Lombardia per il servizio dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). In quell’elenco compaiono un centinaio di enti: ma nessuno di questi ha trovato il modo di arruolare un infermiere e inviarlo all’asilo di Rayan. Da qui la decisione concordata dalla dirigente scolastica insieme alla famiglia del bambino: che fosse un parente stretto ad andare tutti i giorni in via Watt e a garantire assistenza in caso di bisogno.

"Noi ci siamo mossi per tempo – racconta Enza –: sapevamo che a settembre Rayan avrebbe potuto iniziare ad andare alla scuola materna e abbiamo iniziato ad organizzarci mesi prima: il 16 febbraio 2022 la Commissione Fragilità della Regione ha accertato che Rayan ha bisogno di assistenza infermieristica almeno fino alla fine della scuola primaria per via della sua disabilità. A dirla tutta, è stato stabilito che mio figlio, oltre che da un infermiere, dovrebbe essere seguito anche da un assistente alla comunicazione e da un insegnante di sostegno. L’unica figura che siamo riusciti ad avere è proprio l’insegnante di sostegno. Quanto al resto: zero". Vano, come detto, il ricorso agli enti accreditati dalla Regione per l’ADI: "Ce ne sono un centinaio nell’elenco – racconta la madre di Rayan –, ma quasi tutti mi hanno risposto che non fanno assistenza ai minori o che non fanno assistenza continuativa. Solo due enti han risposto diversamente: Fondazione Maddalena Grassi mi ha detto che si occupano di minori ma che il loro personale era già tutto impegnato a seguire altri casi, mentre Vivisol ha preso tempo per poi far sapere a dicembre che non riuscivano a mandar nessuno".

Nel frattempo Enza e la dirigente scolastica si erano già accordate perché fosse un famigliare a stare all’asilo: "I primi giorni sono andata io – spiega Enza – poi è andata quasi sempre mia madre Jolanda perché io devo e voglio lavorare. Quello che mi provoca più fastidio è che in questi casi non si capisce chi debba rispondere, dove stia la responsabilità ultima per un servizio che non viene garantito e che comporta un’evidente discriminazione: se non ci fosse la nonna, infatti, Rayan non potrebbe andare all’asilo, stare con i suoi coetanei, fare la vita che deve fare ogni bambino". Jolanda sta all’asilo dalle 9 alle 13 per tre giorni a settimana e dalle 9 alle 10.30 per i restanti due, perché poi Rayan deve seguire alcune terapie. "Che faccio in quello stanzino? Leggo e aspetto. Non è una situazione accettabile – scandisce la nonna –. Io lo faccio per mio nipote e per il suo diritto di andare a scuola. A volte capita di intervenire in aula una sola volta, per consentirgli di bere o per aspirarlo, a volte di più. Ma niente mi fa felice come vederlo socializzare con gli altri bambini".

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