"Noi accogliamo i ragazzi, è un’esperienza utile soprattutto per loro"

L’imprenditrice Lara Botta: il problema è una scuola scollegata dal mondo delle imprese. Assumiamo stagisti e tirocinanti

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"Per noi l’alternanza scuola-lavoro è un’esperienza valida: è utile ai ragazzi perché entrano in contatto per la prima volta con il mondo del lavoro ed è utile anche alle imprese perché è una prima conoscenza con possibili risorse". Lara Botta, alla guida della Botta Packaging di Trezzano sul Naviglio, produttrice di imballaggi in cartone ondulato dal 1947, promuove il percorso introdotto dal 2003 e reso obbligatorio dal 2015. L’azienda di famiglia, in prima linea anche nella sfida degli imballaggi eco-sostenibili e dell’abbattimento delle emissioni, ogni anno accoglie ragazzi, provenienti principalmente dagli Istituti tecnici.

Che mansioni svolgono?

"Ovviamente, visto che l’alternanza può durare anche solo due settimane, sono attività basilari, in affiancamento ai dipendenti e in totale sicurezza. Cerchiamo di fare in modo che per loro sia un periodo utile".

Gli studenti hanno manifestato chiedendo l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro.

"Per noi invece è un sistema che andrebbe sviluppato. Il problema, in Italia, è che c’è poco raccordo fra scuola e mondo del lavoro. Un primo contatto con le aziende serve anche per capire come ci si approccia con colleghi e superiori, serve per imparare regole basilari che magari a noi sembrano scontate ma che un ragazzo non ha ancora interiorizzato. Per uno studente è uno strumento in più per orientarsi e capire quale strada seguire nella vita".

Come giudica, da imprenditrice, la due recenti tragedie, la morte di due ragazzi in orario di alternanza scuola-lavoro?

"Sono tragedie, che non devono accadere. L’esperienza lavorativa deve essere fatta in totale sicurezza, servono più controlli ma questi eventi drammatici non devono portare all’abolizione di un sistema che io continuo a giudicare utile. Per un ragazzo fare esperienza è importante, anche perché ormai ci si muove in un mercato globale. Noi cerchiamo di dare agli studenti opportunità di crescita".

Vi è capitato di inserirne qualcuno come dipendente, una volta terminati gli studi?

"Per ora no, anche perché i ragazzi che accogliamo sono uno o due all’anno, e durante la pandemia i progetti sono stati sospesi. Abbiamo assunto, invece, una giovane al termine di uno stage universitario. In questo momento abbiamo un’altra stagista di talento, individuata in alternanza, che vorremo inserire e per la quale attendiamo finiscano gli studi".

Con i ragazzi le esperienze sono state positive?

"In alcuni casi sì, in altri meno. Può arrivare il primo della classe o qualcuno che ha le idee meno chiare. L’importante per noi è aprirsi al territorio, anche partecipando a iniziative di orientamento come il Salone dello studente. Noi crediamo che il contatto con nuove persone, lo scambio, sia sempre un valore aggiunto".

Che cosa rivederebbe del sistema?

"Più in generale vorrei più dialogo tra scuola e imprese. I ragazzi fanno troppa poca esperienza pratica, conoscono poco l’inglese. E poi c’è il “gap“ tra domanda e offerta di lavoro che non è ancora stato colmato".

Andrea Gianni

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