NICOLA PALMA
Cronaca

Ndrangheta, colpo ai narcos: arrestati Antonio Barbaro, il figlio Rocco e altre 11 persone

’Ndrangheta, blitz antidroga a Casorate contro i Barbaro di Platì. Le minacce ai debitori: "Se ho problemi per questo, vengo e vi ammazzo tutti"

Gli uomini dell'antimafia al lavoro nel blitz

Milano - Da Gaggiano a Fino Mornasco. Dalla bergamasca Nembro alla provincia di Arezzo, fino alla torinese Volpiano. La cocaina dei Barbaro arrivava ovunque: a capo dell’organizzazione, secondo Dda e Finanza, c’erano il ventinovenne Rocco, incensurato, e il padre cinquantaduenne Antonio, calabrese di Platì trapiantato a Casorate Primo legato da rapporti di "parentela/affinità con le famiglie Barbaro Castanu e Papalia Corciuto" e già condannato a più di 17 anni come narcotrafficante specializzato in eroina sull’asse Turchia-Milano. Stando a quanto ricostruito nell’indagine delle Fiamme Gialle coordinata dal pm Gianluca Prisco, erano, con l’intermediario Domenico Sergi, al vertice di un’associazione a delinquere che trafficava droga da anni.

Sempre pronti a soddisfare le richieste dei clienti (anche in periodo di lockdown), i Barbaro erano altrettanto solerti nel chiedere a grossisti e spacciatori il saldo immediato dei crediti, soprattutto per evitare guai coi fornitori e ripercussioni sugli affari di famiglia. "Il potere di intimidazione degli indagati, derivante dai loro vincoli di parentela e amicizia, costituisce una chiave di lettura delle illecite condotte poste nei confronti dei loro debitori – sintetizza il gip Raffaella Mascarino nel provvedimento di 113 pagine che ieri ha disposto l’arresto di padre e figlio e di altre 11 persone – sussumibili nella figura criminosa dell’estorsione aggravata dal metodo mafioso, proprio perché le aggressioni e le minacce sono state poste in essere da soggetti intranei alle famiglie di ’ndrangheta di Platì".

Prendiamo il caso di Ferdinando Matteo Sanfilippo (a sua volta finito ai domiciliari), che deve rientrare di 20mila euro per una partita non pagata. Il 12 dicembre 2019, Rocco rompe gli indugi e si presenta sotto casa del cinquantenne di Rosate: "Ferdinando! Era lì, vedi come si nasconde – dice a un uomo non identificato che siede sul lato passeggero –. Guarda come si nasconde, guarda...". Il giorno dopo, il figlio del narcos racconta alla moglie Maria Loreta Mancuso (che da oggi avrà l’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria) cos’è successo quando è entrato nell’abitazione del debitore.

"Tremava come una foglia... sono entrato qui in casa...". E ancora: "Si affaccia suo cugino dalla finestra e mi dice che non c’è... va bene, aprimi ché salgo che ti devo dire... sono salito su, ed era chiuso nella stanza da letto... gli ho detto chiamalo ché l’ho visto... sua moglie era seduta sul divano". Rocco ha una pistola con sé, si intuisce dalla conversazione: "L’ho presa e l’ho messa sul tavolo... vedi che io non voglio arrivare a questo – prosegue il racconto – ma tu mi stai portando a queste conseguenze". Evidentemente Sanfilippo ha promesso al creditore che pagherà entro il 20 dicembre, prima che i Barbaro partano per trascorrere il Natale a Platì.

"Io il 20 non parto, rimango qua – replica Rocco –. E tu da casa non devi uscire... non ti devo vedere da nessuna parte... che io non parto... e poi la mia carne ( i parenti in Calabria, ndr ) devono litigare là sotto per colpa tua... gli ho detto... vedi che ti ammazzo... come ai cani ti ammazzo... e me sono andato... sua moglia accucciata sul divano... lui tremava con le lacrime agli occhi". Conclusione: Sanfilippo consegna ai Barbaro 850 grammi di marijuana per un controvalore di circa 4mila euro, così da tamponare momentaneamente le pressanti richieste. Al maggiore dei Barbaro non basta: "Gli ho detto “rendetevi conto che se io avrò problemi per questo fatto qua vengo e vi ammazzo, quanti siete 5/6, vengo e vi ammazzo a tutti e 6".

Sanfilippo non è l’unico, in quei giorni, a finire nel mirino dei platioti: la stessa sorte tocca a un rivenditore di moto di Pavia, costretto a cedere gratuitamente a Rocco una Honda Hornet 600, trasportata in Calabria con un tir il 3 giugno 2020. Non è sufficiente per il ventinovenne, che un mese dopo intima al debitore di mandargli giù un’Aprilia che gli aveva lasciato qualche tempo prima in officina: "Il motorino era mio, te l’ho portato là per aggiustarlo, non lo devi tenere per la moto. La moto quanto c. mi costa?". La risposta di D.A. mette in luce, per il giudice, "il proprio stato di completo assoggettamento ai Barbaro, ai quali non aveva il coraggio di opporsi": "Ne trovo un altro. Però ascolta, non c’è bisogno di parlare così però".

L’ultimo episodio riguarda C.T., con le stesse modalità: il mancato pagamento di un quantitativo imprecisato di droga lo costringerà a “regalare” ai Barbaro una Jeep.A proposito di auto , negli atti emergono pure i gestori occulti di una carrozzeria di Rho, Luca e Pasquale De Giorgio (indagati per favoreggiamento), che nella notte tra l’8 e il 9 gennaio di due anni fa si mettono all’opera, con un elettrauto, nella Giulietta dei Barbaro per sistemare il telecomando che fa scattare il doppiofondo e per intercettare eventuali cimici installate dalle forze dell’ordine. E le trovano, con tanto di complimenti a distanza a chi li sta ascoltando in diretta: "Minchia che sistema che hanno fatto...". Ovviamente, i due sanno benissimo chi ha commissionato il lavoro: "A ’ndrangheta, a ’ndrangheta...", dice uno. E l’altro: "A te ti metteranno come “il meccanico della ’ndrangheta” quando lo arrestano...". Profetico.