
Museo dello spionaggio
Milano, 20 febbraio 2016 - Sui muri bianchi ci sono solo un po’ di cartelli appesi. E poi le bandiere di Italia, Unione Europea e Stati Uniti d’America che campeggiano all’ingresso. Difficile immaginare che in questi 250 metri quadrati un po’ anonimi di via Mecenate 84, a due passi dagli studi del programma televisivo «The Voice», nascerà il primo Museo dello spionaggio. Ci pensa Athos Ubaldi a raccontartelo come se fosse già tutto davanti ai tuoi occhi: «Farà invidia a quello della Stasi di Berlino», è pronto a scommettere. Per adesso, se ne scorge solo un embrione, in un angolo. Tre teche mostrano i soliti arnesi del mestiere: cravatte con microcamera incorporata, penne che non servono (solo) a scrivere e il resto dell’armamentario caro agli 007.
«Vedrete quando sarà completo», sogna Athos. Nome da moschettiere e carriera da vigile urbano (e poi da investigatore privato), definirlo un patito della sicurezza sarebbe davvero riduttivo: non parla d’altro, in ogni sua frase riecheggia quel vocabolo che tanto va di moda in tempi di campagna elettorale e che lui declina in punta di dizionario come «conoscenza che l’evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati». Un passato da maestro sciamano («Ma non parliamo di quello, per favore...»), il presente di questo signore sulla settantina che stima tantissimo gli israeliani («Quelli sì che sono forti...») passa dall’Euroesp Agency, un’organizzazione che si propone di offrire ai cittadini corsi di formazione («A prezzi modici», tiene a precisare) su un’infinità di temi: geopolitica degli scenari internazionali, intelligence istituzionale ed economica, elementi di protezione del cyber-space, e ci fermiamo qui per ragioni di spazio. Una trentina di docenti in cattedra, compresi avvocati e istruttori con trascorsi in mimetica. Tra grammatica e pratica. Chi più ne ha più ne metta. Perché, mette in guardia Ubaldi, «il nemico può annidarsi dappertutto». Ma chi sarà mai questo nemico dal quale guardarsi giorno e notte senza tregua? «Ogni situazione della vita può essere fonte di pericolo se non ci si sa proteggere». Ecco il concetto-base: l’autodifesa. Ci siamo. In una parola, è questo che Ubaldi si propone di diffondere tra le fasce deboli (dalle donne agli anziani), come già fatto anni fa nella sede dell’Associazione poliziotti italiani in via Vitruvio. E le forze dell’ordine, gli domandiamo? «Le istituzioni ci possono aiutare fino a un certo punto, non possono fare tutto...». Eh no, non ce la fanno a vegliare h24 sui vecchietti nel mirino dei truffatori incalliti.
E allora? «Insegneremo nelle nostre lezioni a riconoscere i documenti d’identità falsi». Tanto per cominciare. E vogliamo parlare delle banconote contraffatte... «C’è pure la macchinetta per certificarne l’autenticità». Non lo prendi in castagna, l’attento Athos: «Noi daremo la formazione necessaria per utilizzare gli strumenti adeguati, ispirandoci alla Carta dei diritti dell’Ue». Ma non vorrà mica un milione e mezzo di spioni in giro per la città, sospettosi e con lo sguardo perennemente rivolto dietro le spalle? «No, ci mancherebbe, però la gente deve essere in grado, se vuole, di disinnescare eventuali minacce. Sa, in questo periodo di attacchi terroristici, è meglio non farsi trovare impreparati». Sperando di non dover mai mettere in pratica gli insegnamenti, ci permettiamo di aggiungere.