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Milano, 20 ottobre 2022 - "I morti hanno tanto da insegnare. Anche per tutelare i vivi. Questo è un museo scientifico per mostrare cosa la scienza può fare per la giustizia e i diritti umani": così l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, presenta "Musa", il museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani che sta per aprire in via Celoria.
Duemila anni di Milano raccontati con le ossa. E una domanda ricorrente: stiamo meglio noi o stavano meglio loro "Non siamo per nulla meno violenti e meno discriminanti. È molto più multietnica la Milano in epoca medievale e romana. C’è da farsi qualche bella domanda analizzando il passato".
Cosa vi ha sorpresi di più? "La sorpresa più grossa, che fa un po’ sorridere, è che la statura dei milanesi in duemila anni non è cambiata, sia negli uomini che nelle donne. Ci sono poi cose molto toccanti: nel basso medioevo le vittime di tortura hanno le stesse lesioni dei ragazzi che vediamo arrivare dalla Libia. Ci sono parallelismi inquietanti, devono fare pensare".
Ci sono le sue battaglie, c’è la sua vita in questo museo. "Le battaglie mie, di tutto il laboratorio Labanof dell’università e dei nostri partner (Fondazione Isacchi Samaja, Fondazione Cariplo, Terre des Hommes), che battagliano con noi. E sì, ci sono le memorie, perché tutti i casi lasciano qualcosa".
Come il primo sopralluogo su una scena del crimine . "Si da specializzanda. Mi ricordo lo squallore di questa scena, di questa donna chiusa nel baule di una macchina. Ci sono i sopralluoghi che mi hanno impressionato di più, sia come impegno che come impatto. Penso ai morti per mafia, al naufragio del 18 aprile del 2015. Nell’ultima stanza da una fessura si vede quello che ho visto io, con i miei occhi. Questi corpi, tutti a pancia in giù, con i vestiti mescolati, i berretti, con quello che avevano in tasca loro. Che ancora un nome non lo hanno".
A che punto sono le identificazioni ? "Stiamo finendo il profilo genetico di tutti e mille i migranti. Sei di questi sono stati identificati. Abbiamo dedicato a tutti loro un memoriale nel museo - ci sono anche centinaia di milanesi senza nome dal 1992 ad oggi - e l’ultima sala è sull’operazione Melilli: ci piacerebbe trovare i soldi per la realtà virtuale, ma intanto spero che tutti si fermino a guardare il video, che parte dai recuperi per arrivare al lavoro che viene fatto con i famigliari, che danno il Dna".
Manca solo il ’barcone’? "Sarebbe un sogno portarlo qui, c’era già lo spazio pronto. È ad Augusta dove dovrebbero fare un giardino della memoria. Con tutto il rispetto, a Milano passano tutti. Abbiamo lottato ed è andata male per motivi politici, speriamo comunque che il barcone si possa valorizzare. Il problema è che non sta succedendo niente. Già il viaggio a Venezia ha portato delle perdite, il viaggio di ritorno non lo so. Ma va restaurato. Speriamo non marcisca".
Qui ci sarebbe lo spazio? "Lo avevamo trovato, dove c’era il tondino dei cavalli. Lo si troverà: io non ci perdo le speranze. Sul barcone c’erano i morti. Non è il simbolo dell’accoglienza, ma di tutto quello che la scienza può fare per restituire la dignità delle persone. Aiutateci a portarlo a Milano, anche collaborando con le associazioni di Augusta: facciamo un museo diffuso. Qui passano le scuole".
Che invitate a Musa. Perché? "È importantissimo che vedano, perché qui si toccano attraverso gli occhi della scienza - che sono imparziali, non politici - problematiche sociali fondamentali per sviluppare un senso civico di dignità della persona. Perché i morti ci insegnano tantissimo. Ed è un museo che fa pensare,pone domande".
Per esempio? "Le autopsie sono diminuite in tutta Italia, ne sono state fatte il 30-40% in meno a Milano, che è la procura più virtuosa. Ed è un pericolo per la società, una violazione dei diritti: vuol dire non tutelare chi è morto, non andare a cercare un crimine, non riuscire a prevenire problemi ambientali, correggendo il tiro...".
Perché se ne fanno di meno? "Bisognerebbe chiederlo all’autorità giudiziaria o sanitaria".
Ma si sarà fatta un’idea... "Credo ci sia stata una perdita di fiducia in queste scienze, c’è stato uno scollamento tra mondo scientifico forense e mondo della giustizia. Vogliamo portarlo alla luce. Non c’è investimento anche nei giovani che vogliono fare questo mestiere: i medici legali che fanno le autopsie non hanno dei posti di lavoro, in Francia hanno fatto una riforma. Lavoriamoci".
Prossimi tasselli di Musa? "Ci sarà un secondo edificio, con laboratori visitabili. Abbiamo bisogno di fondi per far crescere questo progetto, unico".
Data di apertura? "Due novembre. Il giorno dei morti".