Milano – Era un partigiano ragazzino Carlo Chiaravalloti. In codice, appunto, “il bocia” prima di darsi lui un nome di battaglia, “Lao”, all’impronta e senza troppo romanzare: “C’era un piccolo distaccamento di partigiani che operava nei dintorni di Sondrio... Aspettiamo che arrivi la formazione e ci presentiamo. “Che nome ti diamo?” L’altro dice “Leo” e io ho detto “Lao” e vabè, sono diventato Lao...”, raccontava otto anni fa a una classe delle tante alle quali, negli anni, ha regalato la sua storia.
Adolescenti dell’età che aveva lui, nato a Roma nel ’27, quindicenne nel ’42 quando iniziò la sua Resistenza come staffetta tra Milano e Sondrio. Le idee già chiare: “Sono diventato antifascista, poi resistente, conoscendo quello che i nazisti stavano facendo agli ebrei e che i fascisti avevano fatto anche agli italiani, perché con le leggi del ’38 se uno di voi era italiano di religione ebraica veniva espulso da scuola”.
Dalle famiglie ebree di Zagabria concentrate dai tedeschi all’Aprica che s’era trovato come vicini di casa (“Ci informarono di quello che stava succedendo realmente in Europa”) all’avvocato di Sondrio che lo ingaggia: ““Tu sei il bocia e io sono l’Emilio” - rievocò Chiaravalloti al Corriere della sera –. Mi mandava da Milano alla Valtellina, nelle basi delle formazioni a portare documenti. Io passavo con la mia cartella davanti ai militari fascisti. Ero uno studentino piccolo e magro. Invisibile”.
Ma a marzo del ’45 “l’Emilio mi disse: tu conosci troppe cose, devi andare in montagna”. Alla mamma racconta “che andavo in Svizzera, così era tranquilla”, invece resta lì a combattere sopra Sondrio (“Vedevo casa mia col cannocchiale”) e una notte dovrà correre più veloce delle pallottole (“Sono stato un incosciente, ero tanto giovane...”), ma il 28 aprile scenderà coi compagni a liberare la città. Conserverà una foto di quel giorno: un ragazzino con gli occhi limpidi e un sorriso serio in selvaggia parata tra i partigiani della Brigata garibaldina R. Rinaldi, battaglione Peppo.
Il partigiano Lao se n’è andato all’età di 97 anni: l’ha annunciato ieri, “con tristezza”, Primo Minelli, presidente milanese dell’Anpi, nella quale Chiaravalloti ha militato come presidente onorario della sezione di Calvairate, continuando, “fino a qualche anno fa” ad andare “nelle scuole a raccontare le radici della nostra democrazia, fondata sulla Costituzione nata dalla Resistenza”. Nel 2015, per i 70 anni della Liberazione, gli fu riconosciuta la medaglia d’oro dal ministero della Difesa, ha ricordato l’ex presidente dell’Anpi di Milano Roberto Cenati: “Carlo mi incoraggiava a proseguire con passione e a tenere vivi i valori della memoria, della cultura e la conoscenza della storia. Mancherà tantissimo a me, a tutti noi, alla sua Milano”. Il funerale di Lao, in forma civile, è oggi alle 14.30 alla Casa funeraria San Siro in via Corelli 120.