PAOLO GALLIANI
Cronaca

Morto Angelo Polenghi, pasticciere e gentiluomo. I suoi dolci hanno fatto felici tanti milanesi

Il “maestro” si è spento a 91 anni nella casa di via Lamarmora sopra la bottega storica oggi gestita dal pronipote Mattia

Il pasticciere Angelo Polenghi si è spento a 92 anni nella sua casa di via Lamarmora

Il pasticciere Angelo Polenghi si è spento a 92 anni nella sua casa di via Lamarmora

Un regalo. Averlo incontrato e conosciuto. E avere raccolto per anni le sue riflessioni di “maestro silente” dell’alta pasticceria milanese, ancorché relegato nel piccolo locale di via Lamarmora da molti considerato uno dei presidi più preziosi dell’arte bianca. Angelo Polenghi se n’è andato a quasi 92 anni dopo avere affrontato con grande dignità la lunga malattia che negli ultimi tempi l’aveva indebolito nel fisico ma non nella lucidità e nella saggezza. Al contrario. A dispetto della sua età, lo abbiamo spesso visto muoversi tra laboratorio e banco della pasticceria dove aveva avuto l’intelligenza e l’amore di inserire il pronipote Mattia trasferendogli tutti i segreti del mestiere ed eleggendolo a suo “alter-ego”, spalla meritevole nella graziosa “bottega storica” dove i medici della Mangiagalli e del Policlinico, gli avvocati del Tribunale e le famiglie bene di Milano sono andati per decenni a fare incetta di sfornati con granella e savoiardi, di Pan di Spagna e di panettoni davvero artigianali, per non parlare dei suoi cannoncini (tra i migliori della città) e della mitica “Millefoglie” che il patriarca della pasticceria cittadina aveva creato alternando tre strati di sfoglia a gustose distese di crema e chantiilly. Una storia, la sua, davvero commovente.

“Ero il tipico ragazzino cresciuto durante la guerra, con pochi grilli per la testa, perché averli era un lusso”, confidava. Citando via Bodoni, zona Cagnola, dove papà Luigi, panettiere, aveva il suo negozio, purtroppo distrutto assieme all’abitazione famigliare durante un bombardamento. Poi, il trasferimento al 90 di via Giambellino e la necessità, dodicenne ma già orfano del padre, di dare una mano a mamma Elisabetta e alla sorella Maria sobbarcandosi ogni giorno l’andata e ritorno in tram fino a via Manara per prendere del pane da uno zio e poi rivenderlo in periferia. Tutto scritto. Avrebbe imparato a occuparsi di impasti e farine. E così fece, dopo avere frequentato la Scuola comunale di via Molino delle Armi. Per poi firmare una sconfinata striscia di bontà in quella che sarebbe appunto diventata la sua pasticceria, al 31 di via Lamarmora. Si è spento quest’oggi nel suo appartamento appena sopra la bottega, circondato dall’affetto dei 3 nipoti e dei 6 pronipoti. L’ultima volta che l’avevamo incontrato, Angelo aveva scomodato la frase dialettale che gli era cara e che usava per spiegare la sua distanza dal milanese borioso che se la tira anche senza avere grandi meriti. “El te pòrta in piazza e’l te fa nanca vedèe el Dòmm”. Davvero un privilegio avere goduto della sua amicizia.