ALESSANDRA ZANARDI
Cronaca

Mormile ucciso dalle cosche. Pace a giudizio per concorso

Carpiano, il collaboratore di giustizia svelò i retroscena dell’agguato all’educatore del carcere

Umberto Mormile, educatore 34enne al carcere di Opera, fu crivellato di colpi da due uomini in moto l’11 aprile 1990

Umberto Mormile, educatore 34enne al carcere di Opera, fu crivellato di colpi da due uomini in moto l’11 aprile 1990

È stato fissato al 12 marzo 2025 il processo d’appello nei confronti di Salvatore Pace, il collaboratore di giustizia condannato a sette anni col rito abbreviato in primo grado per concorso nell’omicidio dell’educatore Umberto Mormile: avrebbe fornito le armi e la moto servite per il delitto. Assieme a lui, la gup Marta Pollicino aveva condannato alla stessa pena un altro collaboratore di giustizia, Vittorio Foschini, che non ha presentato ricorso in appello e per questo la sentenza nei suoi confronti è diventata irrevocabile. Nelle motivazioni del primo verdetto, la giudice aveva scritto che il giovane educatore del carcere di Opera sarebbe stato ucciso l’11 aprile 1990 a Carpiano probabilmente perché era "a conoscenza dei rapporti tra ‘ndrangheta e servizi segreti, in un contesto di intreccio di poteri". Pace e Foschini erano finiti a processo dopo la riapertura delle indagini chiesta dai familiari di Mormile, fratello, sorella e figlia, rappresentati dall’avvocato Fabio Repici.

Mormile, 34 anni, venne assassinato mentre andava al lavoro da due individui in sella a una moto di grossa cilindrata che esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Un agguato in perfetto stile mafioso, con una Honda 600 che affiancò l’Alfa Romeo 33 dell’educatore lungo la provinciale Binasco-Melegnano e la crivellò di colpi.

Per questo omicidio erano già stati condannati nel 2005, come mandanti, i boss della ‘ndrangheta Antonio Papalia, Franco Coco Trovato e Domenico Papalia e, come esecutori materiali, Antonio Schettini e Antonino Cuzzola. Nel corso degli anni, anche i familiari della vittima si mossero per cercare la verità. Il 19 luglio 2016, durante la commemorazione della strage di via D’Amelio, i fratelli di Umberto, Stefano e Nunzia Mormile dal palco raccontarono di come, insieme alla compagna di Umberto Armida Miserere, la direttrice del carcere di Sulmona morta suicida il 19 aprile 2003, avevano indagato per molti anni sul delitto ed erano arrivati alla conclusione che Umberto fu assassinato per un presunto accordo Stato-mafia, tra i servizi segreti e l’amministrazione penitenziaria, che permetteva ai primi di entrare in carcere e parlare coi boss in regime di carcere duro.