
Otto anni di reclusione ciascuno: è la richiesta del pm Stefano Ammendola per Vittorio Foschini e Salvatore Pace, i due pentiti accusati di aver partecipato all’omicidio di Umberto Mormile, l’educatore del carcere di Opera ammazzato l’11 aprile 1990. Sui mandanti non ci sono mai stati dubbi: il boss di Buccinasco Antonio Papalia e Franco Coco Trovato, con cui stringeva alleanze di affari e strategie per eliminare chi poteva intralciare il business. Papalia e Coco Trovato hanno dato l’ordine. Antonio Schettini e Nino Cuzzola lo hanno eseguito. Sono stati condannati tutti in via definitiva nel 2005. Poi è toccato anche al fratello di Antonio, Domenico, stesse radici criminali di famiglia. Ma sono emerse altre due figure non secondarie nell’esecuzione di Mormile: Salvatore Pace e Vittorio Foschini. Entrambi avrebbero partecipato all’omicidio fornendo armi e mezzi. Non è stato un percorso giudiziario semplice. Sono stati anni duri, "difficili - racconta Stefano Mormile - di fango, menzogne, che hanno fatto crescere la rabbia verso una pesante ingiustizia". Il fratello di Umberto si riferisce a tutto quello che era stato detto dopo l’uccisione, sulla provinciale di Carpiano, dell’educatore. È stato definito un "amico dei boss", capace di intascarsi tangenti per permessi da concedere. Ma la rivendicazione dell’omicidio è arrivata poi dalla "Falange Armata", sigla mai vista prima, che aveva messo la firma sulla strage del Pilastro e della Uno Bianca. Nell’organizzazione c’erano anche i servizi segreti deviati, a stretto rapporto con i mafiosi dentro le carceri. Mormile aveva scoperto gli inquietanti collegamenti e andava ucciso.
La vicenda è andata avanti per oltre trent’anni, con poche certezze, minime verità. I due pentiti Foschini e Pace hanno riaperto il capitolo. Nell’udienza preliminare dello scorso novembre, Foschini aveva chiesto di patteggiare, mentre Pace il rito abbreviato. Ma la Procura ha negato il consenso al patteggiamento, mentre ha deciso positivamente per l’abbreviato. "Non una grande sorpresa - commenta il fratello di Umberto, Stefano - ma quello che stona è l’atteggiamento della Procura che ha tenuto a precisare come questo processo riguardi solo i due imputati ma non coinvolge i servizi segreti deviati, che è quello che ci sta a cuore, per risalire alla verità. Vedremo cosa succederà nelle memorie che presenteranno gli imputati, quello che deciderà il gup, che ci è sembrato imparziale e professionale. Magari ci sarà ancora qualche sorpresa". Si torna in aula il 2 febbraio, per l’ultimo capitolo di una storia di dolore infinita.
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