M.V.
Cronaca

L’addio a Miuccia Gigante, una vita dedicata all’antifascismo

Figlia di Vincenzo, che fu ucciso nella Risiera di San Sabba, è stata segretaria nazionale dell’Aned. Si è spenta a 93 anni. “A mio padre dico grazie, il suo esempio mi ha aiutato a fare le mie scelte”

Miuccia Gigante si è spenta nella notte tra domenica e lunedì a 93 anni. È stata segretaria nazionale Aned e presidente della sezione Anpi di Novate Milanese

Miuccia Gigante si è spenta nella notte tra domenica e lunedì a 93 anni. È stata segretaria nazionale Aned e presidente della sezione Anpi di Novate Milanese

Milano – Addio a Miuccia Gigante, figlia di Vincenzo, Medaglia d’oro della Resistenza italiana che fu deportato, torturato e ucciso nella Risiera di San Sabba a Trieste. La donna è stata per anni segretaria nazionale dell’Aned, Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, e presidente della Sezione Anpi di Novate Milanese. Si è spenta ieri notte, a 93 anni. “Era legatissima al ricordo di suo padre Vincenzo Gigante, ricordo che è sempre rimasto vivo nel corso della sua vita”, ricorda Roberto Cenati, ex presidente Anpi provinciale di Milano, che in una nota riporta un intervento di Gigante, risalente al 7 maggio del 2006: “Sono Miuccia Gigante, figlia della Medaglia d’oro al Valore militare Vincenzo Gigante assassinato nella Risiera di San Sabba in Trieste trasformata dalle SS in luogo di tortura e campo di sterminio di partigiani e patrioti, italiani e sloveni, ebrei e civili.

Sono nata a Lugano in casa dei miei nonni che avevano fatto della loro casa un sicuro rifugio agli antifascisti perseguitati che scappavano dall’Italia per raggiungere la Francia, il Belgio, la Russia; oltre il vitto e l’alloggio venivano forniti di denaro e di documenti falsi. Qui mia madre trovò rifugio dopo essere stata espulsa dal Belgio per ragioni politiche, con mio padre, funzionario del Pci. Nel Belgio i miei facevano la fame, mio padre continuava a svolgere il lavoro sindacale e di propaganda fra i minatori. Non ricordo mio padre, avevo pochi mesi quando fu arrestato a Milano durante uno dei viaggi clandestini in Italia. Venne condannato dal Tribunale Speciale a 20 anni di reclusione”.

“Alla fine del 1945 venimmo a sapere della morte di mio padre grazie all’interessamento dei suoi compagni di carcere e di chi aveva condiviso la lotta partigiana. Non passa giorno che non mi rivolgo a lui con il pensiero, e, se anche con una profonda nota di tristezza, mi sento fortunata d’aver avuto, da lui, da mia mamma e dai miei, tanti insegnamenti; esempi che mi hanno dato modo di fare delle scelte fra le cose che hanno un valore e quelle insignificanti e superficiali. A mio padre devo dire grazie e sentirmi orgogliosa di essere sua figlia”. “Ero molto affezionato a Miuccia – commenta Cenati – che ho sempre stimato per il suo equilibrio, per il suo instancabile impegno a tenere viva la Memoria di tutte le deportazioni, per la sua passione antifascista. Era un’amica, una persona che sapeva ascoltare, con la quale scambiare opinioni e confidarmi. Mancherà tanto. Al suo caro marito, ai familiari, esprimo profondo cordoglio e commossa, affettuosa vicinanza”.