di Marianna Vazzana
Una mina vagante. A spasso di città in città, verosimilmente senza una meta precisa, con un coltello nascosto nella manica del giubbotto. Incurante delle leggi. Il marocchino trentasettenne Hasan Hamis vive in Italia da quando aveva 15 anni e da allora ha riempito il suo curriculum criminale con reati come rapina aggravata, furto, lesioni personali, spaccio di stupefacenti e sequestro di persona, commessi per lo più in Campania. Non c’era traccia di lui sul territorio milanese prima di mercoledì sera, quando si è scagliato con un coltello dalla lama di 20 centimetri contro il viceispettore Christian Di Martino intervenuto a bloccarlo con il taser alla stazione di Lambrate, da dove, alle 23.20, è partita una richiesta di aiuto dai colleghi della Polfer perché quell’uomo in evidente stato di alterazione psicofisica lanciava sassi verso passeggeri e treni. Ora il poliziotto trentacinquenne lotta tra la vita e la morte al Niguarda. E per Hasan Hamis, che a Lambrate ha ferito anche una passante centrandola con una pietra (una donna di 55 anni che camminava in via Viotti, poi soccorsa in codice verde al Fatebenefratelli) e due agenti della Polfer, pure loro finiti all’ospedale e dimessi con lesioni ritenute guaribili in tre giorni, si sono aperte le porte di San Vittore per tentato omicidio. Arrestato su disposizione del pm di turno Maura Ripamonti, è ora in attesa di convalida.
Treni e armi bianche sono un leitmotiv nella vita del marocchino, irregolare in Italia, che nella banca dati delle forze dell’ordine è presente con diversi alias. La prima condanna è arrivata nel 2004: quattro mesi da scontare per furto. Poi è stato arrestato a Napoli nel 2012 dai carabinieri della stazione Poggioreale perché trovato in possesso di un coltello in acciaio. Due anni dopo è stato sottoposto a fermo per rapina aggravata e ha scontato tre anni nel carcere Campanello ad Ariano Irpino in provincia di Avellino tra il 9 giugno 2020 e il 4 luglio 2023. E questo è solo uno dei periodi trascorsi dietro le sbarre, perché tra il 2013 e il 2020 è stato più volte detenuto, sia ad Ariano Irpino e sia nella Casa circondariale Salvia di Poggioreale a Napoli, dopo condanne per droga e reati contro il patrimonio.
Ancora, lo scorso 30 gennaio è stato arrestato dalla Polfer di Napoli perché ha minacciato alcune persone con un coltello. Domenica 5 maggio, tre giorni prima dell’aggressione a Lambrate, era già “al nord“, su un treno Italo alla stazione di Bologna, dove il capotreno ha chiesto aiuto alla polizia perché l’uomo teneva in mano un rasoio e lo brandiva verso alcuni viaggiatori, senza farsi problemi poi a puntarlo contro gli agenti intervenuti. Controllato, era stato poi denunciato per resistenza a pubblico ufficiale.
Hasan Hamis non potrebbe nemmeno stare in Italia. Il primo fotosegnalamento in Italia risale al 18 dicembre 2002, a Napoli, fin da allora irregolare in Italia. A suo carico, il prefetto di Napoli ha adottato due provvedimenti di espulsione rispettivamente nel 2004 e nel 2012. La stessa misura è stata poi emessa dal prefetto di Avellino lo scorso luglio, seguita dall’ordine del questore a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni, visto che non c’erano neppure posti nel Cpr territoriale.
Più volte, in 22 anni, Hamis è stato controllato dalle forze dell’ordine, principalmente sul territorio della Regione Campania. L’Ufficio Immigrazione della Questura di Avellino ha attivato, nel 2021, le procedure di identificazione presso il consolato marocchino, con esito negativo, in quanto la richiesta non ha avuto riscontri dall’autorità diplomatica di quel Paese. Hasan Hamis ha poi continuato a girovagare. Come una mina vagante.