
Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana
Milano, 25 gennaio 2020 - Sono uomini tra i 50 e i 70 anni, vivono a Milano e trovano un’ancora di salvezza nel coniuge o in altri familiari, che li convincono a farsi aiutare. Sperperano patrimoni nel gioco d’azzardo, riducendosi in povertà e trascinando nel baratro anche i parenti più prossimi. Famiglie “normali”, nella maggior parte dei casi senza storie di grave disagio o povertà alle spalle. È l’identikit dei giocatori problematici che emerge da una ricerca della Caritas ambrosiana, sulla base dei dati raccolti nei 115 centri di ascolto della Diocesi di Milano. E i numeri fanno suonare un campanello d’allarme. Sono 162, infatti, le persone che hanno confidato di essersi impoverite a causa del gioco d’azzardo praticato da loro stessi o da un loro familiare nel biennio 2017-2019.
Altre 200 sono state costrette a chiedere aiuto in parrocchia per lo stesso identico motivo, anche se non lo hanno dichiarato esplicitamente. Numeri limitati all’ambito delle parrocchie e dei centri d’ascolto, solo una sfaccettatura del fenomeno. In Lombardia circa 12-13mila persone sono seguite, con vari livelli di gravità, dai servizi sanitari e per la cura delle dipendenze. Ma altre migliaia di casi restano sommersi. "Che oltre 300 famiglie, senza storie di grave povertà alle spalle, abbiano dovuto ricorrere all’assistenza dei centri di ascolto dimostra quanto devastante possa essere l’impatto del gioco d’azzardo sulla vita delle persone - osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana - la dipendenza dall’azzardo compromette patrimoni, mette a rischio relazioni, spinge alla disperazione. Un prezzo troppo alto da pagare sui cui da anni chiediamo una seria riflessione pubblica".
Dalla ricerca dell’Osservatorio Caritas emerge che i giocatori problematici sono con maggiore frequenza uomini più che donne, appartengono soprattutto alla fascia di età tra i 50 e i 70 anni e si concentrano prevalentemente a Milano (seguono Monza, Varese, Sesto san Giovanni, Lecco, Melegnano, Rho). A segnalare il problema ai volontari sono in primo luogo il coniuge, in seconda battuta lo stesso giocatore o un altro familiare. "Noi riscontriamo un abbassamento dell’età del primo contatto con il gioco d’azzardo - spiega Simone Feder, psicologo della Casa del giovane di Pavia e anima del movimento No slot - sempre più minorenni sono coinvolti. Riceviamo in media tre richieste di aiuto al giorno da tutta Italia". La comunità ospita 7 persone in pianta stabile, una cinquantina sono seguite dagli operatori. Persone che in tanti casi hanno un lavoro e una famiglia, non provengono da contesti degradati. "È indicativo - conclude Feder - il valore medio della spesa delle persone che abbiamo in cura: circa 136mila euro in fumo nell’arco di cinque anni".