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"Mi voleva la Juve" Il pallone metafora della vita

Quei pomeriggi interminabili. A conciarsi le ginocchia uno schifo. La finale dei Campionati del Mondo veniva giocata fra due porticine spigolose, cercando di stare in piedi sulle piastrelle ghiaiose. Il cortile come uno stadio. Solo che dalle tribune non arrivano i cori dei tifosi ma le urla delle madri, che la cena stava già in tavola. Quanta spensieratezza! D’altronde si è sempre cresciuti così a Milano, fra le ringhiere, i palazzoni e i giardinetti coi cani. Anche al quartiere Stadera.

Come racconta "Mi voleva la Juve", fortunatissimo monologo scritto e diretto da Gianfelice Facchetti, da domani al 3 dicembre allo Spazio Tertulliano.

Sul palco il padrone di casa: Giuseppe Scordio. Lui a condividere questo racconto di formazione dove il calcio torna ad essere una grande metafora della vita. Mentre s’inseguono le (dis)avventure di un bimbetto che prova a ritagliarsi il suo posto in strada.

Il pallone come via di fuga. Forse una salvezza. Mentre la passione s’intreccia con le situazioni più complicate e qualche sogno infranto. Piccolo classico. E ottima scusa per tornare al Tertulliano, indomito e resistente nonostante quest’epoca balorda. Repliche anche alla mattina per le scuole. Dal 4 dicembre arriva invece “L’Albero“ di Giulia Lombezzi, con in scena Alice Bignone, Ermanno Rovella e Camilla Violante Scheller. Una riflessione sulla vecchiaia e la difficoltà di dare in affido i propri cari. Ma in un orizzonte tragicomico. Dove si riesce a ridere sul tempo che passa. Lasciando un cumulo di cicatrici.

D.V.