Medicina territoriale, "almeno 2 corsi"

Moratti sulle richieste al Governo. "Con Speranza lavoriamo per avere i mutualisti nelle Case di comunità"

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In Italia ci saranno "sei cattedre in medicina territoriale, la Lombardia ha fatto richiesta per averne tre. Ci auguriamo che ce ne vengano assegnate almeno due", ha detto la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti ieri al Pirellone, rispondendo a una domanda sull’esito delle sue richieste alla ministra dell’Università Maria Cristina Messa. Moratti aveva parlato dei colloqui a margine dell’illustrazione del progetto della Statale di un nuovo corso di specializzazione in Medicina di comunità e delle cure primarie: tre anni per fornire ai laureati in Medicina una formazione diversa da quella dei medici di famiglia, che in Italia frequentano un triennio non universitario (gestito da Polis in Lombardia), più orientata alle figure necessarie in Case e Ospedali di comunità che devono diventare l’architrave della nuova sanità territoriale post-pandemica disegnata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Ma i medici di base sono comunque fondamentali in questo progetto, e Moratti ha chiesto al Governo anche di aumentare l’orario lavorativo dei mutualisti, che da contratto nazionale sono tenuti a un minimo di 15 ore di studio a settimana, per quelli con più pazienti, mentre non è prevista una rendicontazione delle visite a domicilio per queste figure, che sono liberi professionisti convenzionati coi servizi sanitari regionali (ma in base a regole nazionali), sempre più difficili da trovare in Italia come in Lombardia. Sulla questione orari, "stiamo lavorando con il ministro Speranza e il suo staff per un’organizzazione che sia rispettosa dello status di libera professione dei medici e al contempo dia alle Regioni una leva per avere la possibilità di utilizzare parte del loro lavoro nelle strutture territoriali - ha spiegato Moratti -. Siamo fiduciosi che possa diventare un accordo collettivo nazionale e nelle prossime settimane possa andare avanti".

Del nuovo accordo ieri ha parlato, a un evento dello Spi Cgil, anche il ministro della Salute Roberto Speranza: "Stiamo lavorando insieme alle Regioni e agli stessi medici a un’ipotesi di riforma, perché oggi c’è un elemento di disconnessione tra il lavoro del medici di medicina generale e il resto del Servizio sanitario nazionale. Stiamo immaginando una nuova convenzione, un nuovo accordo collettivo nazionale". L’idea è che le 1.350 Case della comunità da aprire in tre anni nel Paese (217 in Lombardia, 24 a Milano città, siano "degli hub, e lo studio del medico di base diventi uno spoke di questi hub. Immaginiamo che alcune ore del medico siano spese nello studio, altre ore devono essere nella Casa di comunità". Giulia Bonezzi

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