ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Matteo, da chef a conducente di autobus: “Nel ristorante stavo soffocando, ora ogni giorno è un’avventura”

Il 32enne milanese è uno dei nuovi autisti selezionati da Atm nell’ultima campagna di recruitment: “Quando lavoravo in cucina non vedevo mai mia moglie e miei figli, adesso mi sento utile”

Matteo Asti, uno dei nuovi conducenti Atm

Matteo Asti, uno dei nuovi conducenti Atm

Milano – Faceva lo chef ma la sua vita non era propriamente tutta lustrini e pailettes, come si vede in certe arcinote trasmissioni televisive. “Tornavo a casa stanco morto, demoralizzato e molto stressato”, dice Matteo Asti, 32 anni, che oggi ha voltato pagina e ha trovato il suo equilibro, anche in termine di migliore conciliazione tra attività lavorativa e affetti.

Non se ne sta più rinchiuso fra le quattro pareti della cucina a spadellare “duro”, ma lavora dietro al volante del suo autobus dove ogni giorno - assicura - “è come se vivesse un’avventura diversa”. Matteo Asti, milanese ma da qualche anno trasferitosi con la famiglia nell’hinterland, a Pregnana Milanese, è uno dei nuovi 400 conducenti assunti da Atm. L’azienda di trasporto pubblico dallo scorso autunno ha lanciato un’azione straordinaria di recruitment ricevendo circa 3.000 curricula, da cui sono state selezionate 500 candidature (400 come autista). “Ho scoperto della ricerca del personale navigando su internet. Ho sempre amato guidare e così ho inviato il mio cv. Era l’occasione che cercavo perché da un po’ di tempo ero in crisi”.

Per quale motivo?

“Ho studiato all’Alberghiero, anche se poi sono diplomato al serale in un istituto tecnico economico. Sono andato via di casa presto e ho iniziato a lavorare nei ristoranti da quando avevo 17 anni. Dopo 15 anni nel settore però sentivo che quella non era la strada giusta per me. Non era tanto il turno nei festivi o nel weekend a pesarmi, ma il fatto di dover andare via alla mattina e tornare a casa in piena notte, a causa di turni spezzati. Mi capitava di lavorare 60 ore la settimana durante le feste. L’ambiente era pieno di gelosie, sterilmente competitivo. Mia moglie Miriam 34enne, che ho sposato cinque anni fa e di cui sono profondamente innamorato, e i miei figli, Manuel di 3 mesi e Maia di due anni, non li vedevo praticamente mai”.

Quando l’ha contattata Atm?

“Lo scorso ottobre ho fatto il colloquio, il mese successivo ha ricevuto la lettera di impegno all’assunzione. L’azienda si è fatto carico completamente del costo (pari a circa 3mila euro, ndr) per il conseguimento della Patente D e dell’abilitazione professionale Cqc, che non mi sarei potuto permettere se fossero stati fra i requisiti preliminari per mandare la candidatura. Sono stato assunto a giugno, iniziando l’iter di formazione interno con figure senior. Ho seguito lezioni in aula e un training di pratica su una vettura dedicata. Ho superato l’esame. Il primo bus di linea l’ho iniziato a guidare a luglio: la prima settimana affiancato da un autista esperto e poi da solo. Faccio servizio sulla 57, ma anche su altre linee che escono dal deposito di via Novara, come la 37 o la 49. Tutte zone che conosco bene perché, guarda la combinazione, proprio in via Novara ho vissuto i miei primi 17 anni”.

La cosa più bella del suo lavoro?

“Il fatto che ogni giorno non sia uguale a quello precedente, la solidarietà fra i colleghi, il sentirsi utile per la comunità offrendo un servizio essenziale. C’è molto rispetto da parte dei milanesi nei confronti degli autisti Atm: insulti non ne ho mai ricevuti”.

Parliamo di stipendio.

“Sono assunto a tempo indeterminato e non è scontato. Il salario è a partire da 1.600 euro, senza contare straordinari, bonus, welfare aziendale. Nella ristorazione, pur avendo un ruolo da responsabile e 15 anni di esperienza, il mio stipendio base era di 1.400 euro. Sui bus si lavora sei giorni su sette su turni variabili, per 36 ore settimanali, ma si ha diritto pure a riposi lunghi di due giorni. Ho già trascorso due interi weekend di fila al mare… Il vero lusso però è avere del tempo libero per andare in pista con la moto e, soprattutto, per stare con la mia famiglia. Non conosco gioia più grande”.