
Nelle acque della Darsena il barcaiolo milanese Stefano Alfieri
Milano, 6 gennaio 2019 - Un milanese con «il piede marino» che non è solo capacità di stare in equilibrio ma di «entrare in simbiosi con una barca». Un animista: «L’imbarcazione ha un’anima. È lei a cercare noi», afferma Leo Stefano Alfieri, 49 anni. Oggi è tecnico informatico della Vodafone ma ha un passato da romanzo conradiano: è stato marinaio per 10 anni. Sette anni fa ha realizzato tutto da solo un sandolo, imbarcazione tipica della Laguna, per solcare la Darsena. Lo ha fatto anche ieri mattina, quando ha pure scovato sul fondo una bici di Mobike. Lo incontriamo nel porticciolo dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, in viale Gorizia, di cui è socio.
Come è iniziata la sua vita di bordo?
«La passione mi è stata trasmessa da mio padre. Ho iniziato a fare vela a 10 anni all’Idroscalo. Per la leva ho scelto subito la Marina Militare, dove sono rimasto dal 1988 al 1991. Su una meravigliosa nave scuola, la Corsaro II, ho fatto due volte il giro del Mediterraneo come motorista. Lì mi è entrato il sale nel sangue. La Marina mi ha insegnato disciplina e spirito di adattamento. Mi è capitato di cucire la vela strappata mentre ero investito da sei metri di onda. Di dormire attaccato alle sàrtie (cavi che servono di rinforzo agli alberi delle navi ndr)...».
Poi?
«Dal 1991 sono stato marinaio su imbarcazioni d’epoca e una motonave. I miei clienti erano industriali e nobili. Fino al 1998».
Ha avuto un incidente?
«Mi sono innamorato di una splendida donna e per lei sono sceso a terra, tornando a Milano. Sono diventato un tecnico informatico. A mia moglie ho messo però subito in chiaro che navigare faceva parte della mia indole. Così assieme abbiamo comprato una barca storica del 1973, l’Alba Blu».
E il sandolo?
«È nato nel 2011, in 4 mesi di lavoro. È una tipica barca da lavoro veneziana, perfetta per il Naviglio, da non confondere con la gondola. È lunga oltre 7 metri, larga circa 1 metro e mezzo e pesa solo 150 chilogrammi. Infatti è costruita interamente in legno, usando compensato marino di mogano e massello. Il nome della barca è “Acqua che sciacqua”, scelto da mia moglie».
Cosa pensa del progetto di riapertura dei Navigli?
«L’errore è stato ricoprirli molti anni fa. Sul presente avanzo qualche perplessità. Dico sì purché ci sia la manutenzione ordinaria. Altrimenti diventano acque di nessuno».