NICOLA PALMA
Cronaca

Raid nella casa in cui viveva il "maniaco dell'ascensore". Via la famiglia della compagna

Fiamme nella notte in via Albertinelli 5. Il pedofilo si era trasferito da poco

Edgar Bianchi scortato dagli agenti

Milano, 30 settembre 2017 - Edgar Bianchi si era trasferito da poco in via Albertinelli 5. In tanti, però, se lo ricordano bene. Non tanto perché ci abbiano avuto a che fare («Era molto schivo, non si fermava mai a parlare», racconta un residente), ma per quel vistosissimo tutore alla gamba sinistra: «Zoppicava», riferisce un’altra signora che abita da una vita nello stabile popolare in zona San Siro. Tutti, insomma, sapevano che da qualche mese si era spostato lì, ospite della fidanzata. Compresi quelli che la scorsa notte, a poche ore dal fermo per l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di una 13enne, avrebbero provato a dar fuoco alla porta dell’abitazione ubicata a due passi dall’ingresso principale del condominio.

Un tentativo di dar fuoco all’appartamento che per fortuna è rimasto tale. Una sorta di vendetta fai-da-te contro «il maniaco dell’ascensore» che l’altroieri ha confessato l’aggressione alla minorenne in zona Fiera e probabilmente pure nei confronti di chi in questi mesi l’aveva accolto in casa, all’oscuro del suo passato da «predatore» seriale con condanna definitiva a 12 anni (di cui 8 scontati a Chiavari) per 25 episodi di abusi e molestie su altrettante adolescenti della zona di Genova. «Pensavo di esserne uscito, di essere guarito, avevo una vita normale e una fidanzata, volevo sposarmi, ma ci sono ricaduto e voglio essere curato», ha detto al suo avvocato Paolo Tosoni.

Il Barman di 39 anni viveva con la nuova compagna, figlia della storica custode dello stabile, nel locale portineria. Un trasloco risalente a poco tempo fa. Sì, perché prima Bianchi, che sbarcava il lunario lavorando per un’azienda di catering, viveva dalle parti di piazzale Selinunte. O meglio, si era fatto ospitare, magari in subaffitto, da qualche inquilino, visto che le verifiche effettuate da Aler non hanno intercettato il suo nome né tra i regolari né tra gli abusivi censiti in quel civico. In ogni caso, l’episodio di ieri notte non è stato affatto sottovalutato dalla polizia, che ha subito chiesto ai responsabili dell’azienda lombarda per l’edilizia residenziale di reperire nel più breve tempo possibile una nuova casa sia per la ragazza che per i genitori, papà operaio e mamma di origine romena apprezzata da tutti gli inquilini dell’edificio come custode. Dal canto loro, i dirigenti dell’Aler si sono subito messi a disposizione delle forze dell’ordine per esaudire rapidamente la richiesta.

La situazione rischiava di farsi insostenibile e pericolosa per la compagna di Bianchi e la sua famiglia, nonostante, fino a prova contraria, i tre fossero completamente all’oscuro del passato da stupratore del 39enne. «Non ne sapevo nulla», avrebbe detto la donna romena alle persone incrociate ieri, ancora sotto choc per la notizia. Il genovese si era lasciato tutto alle spalle. O meglio, ci aveva provato. Dopo la scarcerazione, datata settembre 2014, era tornato a Genova, per poi trasferirsi in Portogallo, come ha raccontato ieri l’avvocato Giovanna Novaresi, che lo ha seguito in passato nella fase di esecuzione della pena e nei programmi di recupero psicoteraupetico dietro le sbarre. Nel 2016 l’approdo a Milano. Lavori saltuari per tirare fino a fine mese, appoggiandosi probabilmente a casa di un conoscente. Quindi l’inizio della relazione con l’attuale fidanzata e il trasloco in via Albertinelli. Fino al raptus di mercoledì pomeriggio. Confessato 24 ore dopo al pm Gianluca Prisco: «Ero in giro nella zona dove abito, facevo una passeggiata a piedi, e a un certo punto ho visto una ragazza: mi è venuta voglia di fare qualcosa». A quel punto, «l’ho seguita fino a quando è entrata in un palazzo, ho preso l’ascensore, ma non quello che ha preso lei...».