Asilo Vanzago, le intercettazioni choc: "Maltrattamenti? Solo se prendi i bimbi a calci"

La direttrice della struttura intercettata dai militari di Legnano sembrava a conoscenza di quanto stesse accadendo nel nido

Vanzago - C’è un’intercettazione telefonica che il gip Ileana Ramundo cita nella sua ordinanza per confermare "l’assoluta incapacità" della direttrice dell’asilo nido di Vanzago "a riconoscere l’illiceità e il disvalore dell’agire proprio e delle sue dipendenti". È il 26 maggio 2022, sono passati appena nove giorni dall’inizio dell’indagine dei carabinieri sulle segnalazioni arrivate da sei studentesse-stagiste di un professionale di Rho. La quarantatreenne parla come se fosse a conoscenza di qualcosa, ma in realtà non pare preoccuparsene troppo, almeno a giudicare dalle parole dette a una delle collaboratrici: "Bisogna giocare con queste cose – esordisce – perché se si vede che io sto gridando un bambino è maltrattamento? No!", si risponde sicura. "Mi auguro cioè che almeno non valutino questo come maltrattamento", replica dubitativa l’interlocutrice.

"Nooo loro, è, quello che mi ha detto anche l’avvocato, loro partono dal momento in cui vedono ceffoni, tiri capelli, vomita e gli fai mangiare il vomito, tutte cose che sono successe che abbiamo visto in televisione, lo prende a calci... quello è maltrattamento". Anche per queste parole, annota il giudice, "appare assolutamente necessario impedire il protrarsi della situazione di pericolo per l’incolumità psico-fisica delle persone offese che occorre tutelare, evitando che si verifichino nuovi episodi aggressivi". Le accuse si fondano quasi esclusivamente sulle dichiarazioni delle alunne dell’istituto superiore, a differenza di altre indagini simili che in passato hanno fatto leva pure su ambientali e microcamere per riprendere ciò che accadeva in classe. Per questo, è proprio il giudice, nel provvedimento eseguito ieri, a spiegare perché quelle dichiarazioni siano state ritenute attendibili.

In primo luogo, si legge, "nessuna delle stagiste conosceva le insegnanti odierne indagate, sicché nessun profilo di astio o inimicizia è emerso a inficiarne il contenuto". Di più: "A rendere maggiormente credibili i loro racconti è proprio la natura del contesto in cui sono maturati i fatti: non può essere ignorata la circostanza del motivo del loro ingresso all’interno della struttura, cioè la “formazione” alla professione di educatrici, motivo che ne esalta l’approccio genuino finalizzato unicamente all’apprendimento".

In sintesi: "Le studentesse hanno descritto puntualmente i fatti e le condotte fornendo una ricostruzione dei numerosi episodi di violenza verbale e fisica, precisandone non soltanto gli aspetti oggettivi, ma anche offrendo sufficienti elementi per ascriverli alle singole educatrici".

 

 

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