Luca Paladini dei Sentinelli: "Mio padre morto al Sacco dopo 26 ore in Pronto soccorso"

Milano, la denuncia del candidato nella Lista Majorino: "Il mio è solo un pezzettino della degenerazione del sistema sanitario in Lombardia che ormai non funziona più"

Milano, 17 gennaio 2023 - "Mio padre ha rischiato di morire in modo non dignitoso dopo essere stato lasciato per 26 ore su una barella del Pronto Soccorso dell'ospedale Sacco. Ho dovuto battere i pugni per ottenere che fosse spostato in una parte del Pronto soccorso dove c'era maggiore assistenza. Non so cosa sia successo in quelle 26 ore ma questa storia capitata a me è solo un pezzettino della degenerazione della qualità del modello della Sanità in Lombardia. Altro che eccellenza". La morte di suo padre Antonio, 87 anni, ex rugbista, l'ha raccontata anche sui social Luca Paladini, fondatore dell'associazione dei Sentinelli che, noto attivista del movimento Lgbt e candidato con la Lista Civica a sostegno di Pierfrancesco Majorino, candidato alla presidenza della Regione per il centrosinistra.

Luca Paladini e il papà in una foto postata su Facebook
Luca Paladini e il papà in una foto postata su Facebook

Le domeniche al "Giurati"

Papà Antonio non c'è più, l'ultimo saluto lunedì nella chiesa di San Martino in Villapizzone. "Di lui mi rimarrà il ricordo delle domeniche al "Giurati" - racconta Paladini - dove andavo a vederlo giocare con la maglia dell'Amatori Milano. Ha giocato in serie A e una volta vestito anche la maglia della Nazionale. Aveva una tempra che gli ha consentito di affrontare e superare il Covid ma ormai negli ultimi tempi era fragilissimo con un'infinità di patologie per le quali settimana scorsa si era reso necessario il ricovero". Papà non c'è più ma l'amarezza però resta.

L'arrivo in ospedale 

Arrivato in ambulanza all'ospedale Sacco di Milano Antonio Paladini "viene lasciato solo in una corsia del Pronto soccorso del Sacco perché non ci sono posti - ci spiega Luca raccontando quanto già messo nero su bianco sui social -. Quel giorno il personale medico mi dice di tornare a casa perché è inutile che stia qui: "le faremo sapere noi", mi dicono". Nelle ore successive Luca Paladini prova a mettersi in contatto con il Pronto soccorso ma solo in uno dei tantissimi tentativi riesce solo ad ottenere uno messaggio stringato: "il quadro è in evoluzione e bisogna aspettare".  

Il giorno dopo

"La mattina successiva lo stesso: solo chiamate a vuoto e così decido di tornare in ospedale perché non so nemmeno se mio padre è ancora vivo". Al Sacco lo ritrovo  in mezzo a una fila di barelle che correva lungo tre corridoi del Pronto soccorso. Fatico a riconoscerlo rispetto a quando l'avevo portato: praticamente un cadavere. A quel punto ho rischiato di perdere le staffe: ho fermato una infermiera, poi un'altra e dopo molte insistenze hanno deciso di trasferirlo in un'altra area del Pronto soccorso, quella per le emergenze, dove era molto più monitorato. E' morto lì ma ha rischiato di morire nel più completo abbandono".  

La denuncia

"Non mi sono mai permesso di dire che mio papà sia morto per colpa dell'ospedale Sacco. E il mio non è nemmeno un puntare il dito sul personale sanitario che tampona come può la falla evidente. Il medico con cui ho parlato, giusto per dire, aveva le occhiaie fino ai piedi. Il problema non è il personale ma il sistema sanitario lombardo che ormai così com'è non funziona più. Il Covid non ci ha insegnato nulla: il personale nei Pronto soccorso resta insufficiente, le Case di comunità non sono mai davvero entrate in funzione e i medici di base fanno ormai solo i burocrati. Questo fallimento che dura da tempo l'ho vissuto sulla mia pelle ma in questi giorni sto ricevendo tantissime segnalazioni su altri casi. Non è un fatto isolato". Candidato alla regionali per la lista Majorino Luca Paladini sa benissimo che mai come in questo caso la vita privata si mischia con la politica. "So benissimo a cosa mi espongo raccontando in piena campagna elettorale quello che mi è accaduto. Molti diranno che la mia è solo una strumentalizzazione. Pazienza, ma sono convinto che si debba cambiare perché non voglio che nessun altro viva sulla sua pelle quello che ho vissuto io".

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