
Dalla mafia ai diritti dei bambini: i locali confiscati alla criminalità organizzata passano alle associazioni del quartiere
Dalla mafia ai diritti dei bambini, i locali confiscati alla criminalità organizzata in piazza Garibaldi a Pioltello passano ad Aleimar e ai Garibaldini, l’associazione del quartiere. Per le ex lavanderie di denaro sporco "comincia una nuova vita". A voltare pagina, il Comune, proprietario dei locali chiusi un anno fa per la ristrutturazione, ora la sede, 130 metri quadrati, un grande open space con ufficio e servizi, è pronta a spalancare le porte alla città. "Qui c’erano un bar e una gioielleria, era tempo che queste vetrine tornassero a brillare", dice Saimon Gaiotto, vicesindaco e assessore al Patrimonio. È lui che ieri ha firmato la convenzione con i gruppi, durata: 10 anni. "Il tempo necessario a portare avanti un progetto dedicato a donne e bambini. Ci saranno anche focus su come migliorare la differenziata e sulle buone pratiche per la gestione dei condomini".
Per scegliere a chi assegnare gli spazi l’Amministrazione aveva lanciato un bando, "Pioltello - ricorda il vicesindaco - è una delle cinque città lombarde che ha scelto di aprire una selezione e di analizzare i programmi di chi fa rivivere gli immobili tolti alla criminalità organizzata. Ha vinto la capacità di aprire le porte alla comunità. Qui, potranno venire tutti e non solo i seggianesi. Non volevamo che diventasse un punto di servizio al rione. È piuttosto una realtà aperta a tanti contenuti. Sarà un presidio sociale e di legalità". Per Gaiotto "un esempio di come il pubblico deve porsi e stimolare, non siamo solo vigili con la paletta in mano". I vecchi negozi tolti ai mafiosi non sono i soli tre spazi del Comune levati alle associazioni criminali "da queste parti abbiamo anche tre appartamenti. Uno era di un usuraio. Un milanese che l’aveva ottenuto a strozzo". Il piano parte, ma il taglio del nastro ufficiale sarà in primavera, dopo gli ultimi lavori di rifinitura, "così cominciano a offrire opportunità a tante famiglie".
Barbara Calderola