
Pasquale "Lino" Bonfilio (NewPress)
Milano, 2 ottobre 2018 - Anche un cappello può essere un’opera d’arte. Se lo realizza chi possiede un animo sensibile alle cose belle, come Pasquale “Lino” Bonfilio. Dal suo laboratorio in zona Gambara escono cappelli-sculture richiesti in tutto il mondo. Sfoggiati da clienti sulle strade di New York, Mosca e Cape Town. O protagonisti di servizi per riviste internazionali come Vogue, L’Officiel, Harper’s Bazaar. Finalmente sarà possibile ammirare da vicino le sue creazioni, fino al 18 novembre, alla Alson Gallery di via San Maurilio 11: una personale, la Art&Fashion Archives, inaugurata qualche giorno fa, che è un racconto visivo composto da quadri – ritratti femminili all’insegna del realismo magico – e cappelli. Ci sono i dieci pezzi più emblematici della sua carriera. Come il Rubens Hat, a forma di disco, che si è guadagnato la copertina di Harper’s Bazaar Arabia con la top model Isabeli Fontana. Realizzato in feltro italiano, da una pezza unica senza giunture, è scolpito con la forza delle mani e del vapore.
La Papessa Hat è invece una mitra papale «femminile». Un oggetto prezioso con broccato in seta di Como, ricamo di fili d’oro e tempestato di perle, swarovski e lapislazzuli che ha suscitato anche scandalo: «Mi ispiro alla leggenda affascinante della papessa Giovanna (che avrebbe governato nel IX secolo ndr). Non c’è alcun intento anticlericale, sono molto cattolico. Mi assicuro, prima di concederlo per un servizio, che non sia associato a nudi integrali o, peggio, a blasfemia». Il cappello è finito in un servizio per Cube Magazine per la festa del Corpus Domini in Andalusia. «Era l’occasione giusta per utilizzarlo. C’era poesia», dice. I suoi accessori sono oggetti unici. Non solo per la cucitura a mano ma anche perché realizzati su misura di ogni singola testa: «Per quel che mi riguarda, la produzione di massa non ha senso», sottolinea il creative designer.
Bonfiglio ha solo 39 anni e, a dispetto della notorietà internazionale, è un uomo schivo e per nulla vanesio. Nato in una famiglia con 10 fratelli, a San Severo, vicino a Foggia, ha iniziato a lavorare prestissimo. «Per anni mi sono detto che sarebbe stato di me se avessi studiato. Oggi ho capito che, per diventare quello che sono, io dovevo passare da quel cammino, fatto anche di sofferenza». La sua passione per l’arte l’ha spinto prima a Milano, attorno a 20 anni, e poi a Bruxelles, dove ha vissuto per quasi 10 anni, diventando un artista affermato: «Proprio durante la mia prima personale ho conosciuto Elvis Pompilio (designer belga di cappelli, anche per Dior ndr). Fu lui a propormi di lavorare nella sua bottega. Non amava molto spiegare a parole. Ho imparato il mestiere di modista osservandolo». Bonfilio è tornato in Italia cinque anni fa per aprire la cappelleria artistica che porta il suo nome: «Quando ero andato via da Milano, quindici anni fa, ero come arrabbiato con la città. Ma mi sbagliavo: la colpa era solo mia. Dovevo crescere e capire tante cose. Da quando sono tornato la guardo con occhi diversi, da innamorato».