
Miky Degni, graphic designer, fotografo e pittore, vive a Rozzano dal 1987
Rozzano (Milano) – "C’è un’umanità varia a Rozzano. Tante, tantissime, sono le persone perbene. Ma non fanno notizia. E poi c’è da dire che le istituzioni investono troppo poco sulla cultura. Il risultato è che chi può scappa via. E chi resta è come intrappolato in una realtà che resta sempre uguale a sé stessa. Ma il cambiamento è possibile solo grazie alla cultura: portiamola ovunque, uniamo le forze". L’appello è di Miky Degni, graphic designer, fotografo e pittore, che vive a Rozzano dal 1987 e lavora a Milano, nel suo studio in zona Navigli. Una condizione che lo rende parte del paese e nello stesso tempo gli consente di guardarlo a distanza.
Prima le parole attribuite a Fedez ("Lo uccido, io sono di Rozzano"), poi l’omicidio di Manuel Mastrapasqua, ammazzato per un paio di cuffiette da 15 euro, alimentano la fama di Rozzano dall’anima nera. "Questo ha fatto traboccare le mie vene. Di questo passo sarà sempre più difficile staccare a questo luogo la sua etichetta negativa. Eppure lo merita, perché ha tanto di buono". Così Degni ha deciso di iniziare una contronarrazione, cominciando con una frase scritta sulla mano: “Io sono di Rozzano e faccio cultura”.
In che modo lei fa cultura?
"Da decenni mi occupo di grafica pubblicitaria e con il tempo sono diventato pittore, specializzandomi in una tecnica particolare: utilizzo il vino per realizzare i miei dipinti, intingendo il pennello nel calice. Il vino diventa il colore al quale unisco tratti di matita per delineare i contorni delle figure che creo. Le mie opere servono anche a fare pubblicità: tra i miei committenti ci sono aziende vinicole e, per promuoverle, mi lascio ispirare dalle particolarità dei singoli prodotti, che utilizzo fisicamente per i dipinti. Mi sono esibito anche dal vivo, affiancando musicisti con la mia pittura. Per esempio ho condiviso una serata con Tullio De Piscopo nel 2008, al Teatro Fellini".
Lei lavora a Milano. Ha portato anche a Rozzano la sua arte?
"Sì. Ho collaborato con le amministrazioni in passato, in particolare tra gli anni ‘90 e la prima decade del Duemila. Sono stato parte attiva in iniziative ed eventi; la serata a cui accennavo prima era del 2008. Con il passare del tempo, però, la linfa data alla cultura è stata sempre meno. Noto che anche il teatro funziona “a intermittenza”. Io mi metto a disposizione: voglio dire al sindaco, anche attraverso queste pagine, che ci sono. E chiamo a raccolta tutti i creativi di Rozzano. Insieme possiamo fare qualcosa di grande. Voglio che Rozzano sia un bel posto in cui vivere e fermarsi. Senza negare i problemi, naturalmente, che ci sono ma si possono affrontare. La mia è una proposta dai toni garbati perché sono stufo di sentir parlare del paese come del Bronx".
Quale è il suo obiettivo?
"Ricostruire un tessuto sociale che manca, attraverso attività culturali in grado di attrarre le persone di ogni età. Bisogna creare i presupposti per invogliare i cittadini a fermarsi, con concerti, mostre, laboratori. Io vedo i ragazzi “incattiviti”, salgono e scendono dal 15 come anime in pena. Io non perdo le speranze, convinto che se a questi ragazzi saremo in grado di insegnare la bellezza non arriveranno a delinquere".