
di Stefania Consenti
MILANO
Sandra Gilardelli, 97 anni, partigiana, è dispiaciuta per il mancato Ambrogino d’Oro?
(Dall’altro capo del telefono risponde una voce squillante, senza esitazioni).
"Per nulla, in tutta la mia vita non ho mai cercato nè riconoscimenti nè celebrità. Ho fatto il mio dovere, seguendo quelli che ieri come oggi sono i miei ideali". Sandra Gilardelli, classe 1925, è una milanese doc, nata e cresciuta a pane e antifascimo. Liceale, ("frequentavo il Parini") è costretta con i primi bombardamenti su Milano, nel febbraio del 1943, a trasferirsi a Pian Nava, un piccolo villaggio sulle montagne del Verbano, sopra a Intra, dove era solita passare le vacanze estive. Dopo l’8 settembre 1943 comincia a collaborare con i partigiani, entra in contatto con la Brigata Alpina Cesare Battisti, che ha un posto di comando a Premeno, a un paio di chilometri da Pian Nava. Sandra, appena diciottenne, ha il compito di procurare disinfettanti, bende e cerotti che consegna ai partigiani. Consegna pure dispacci, dal Comando della Montagna al Comitato di Liberazione nazionale (CLN).
Insisto...sarebbe stato un bel segnale da parte del Comune, riconoscerle questa onorificenza...
"Occasione persa per raccontare anche il ruolo delle donne nella Resistenza. Trovo che se ne parli sempre troppo poco, i partigiani non sarebbero riusciti nello loro imprese senza l’aiuto delle donne. Continuerò a portare la mia testimonianza, ovunque mi venga richiesta, nelle scuole. Ho un bellissimo rapporto con i giovani, e nutro grande fiducia in loro. I segnali oggi sono preoccupanti ma credo che la memoria possa essere in buone mani, questi ragazzi mi seguono e qualcuno mi scrive anche".
Cosa racconta della sua esperienza di partigiana? Qual è il suo messaggio?
"La libertà è il dono più grande, e va difesa, sempre. Quando parlo della Resistenza sento tornare lo spirito di allora...forti erano gli ideali, le amicizie, la voglia di vederci restituita la libertà, di lottare per abbattere la dittatura, per un futuro di democrazia".
Durante quel periodo conobbe anche suo marito Michele Fiore, il partigiano “Mosca“.
"Un uomo meraviglioso, un grande amore".
Non ha mai avuto paura, dubbi?
"Dubbi no, sapevo di essser dalla parte giusta. Mi rendevo conto della pericolosità della situazione in cui agivo ma era più forte la convinzione di farcela, la fiducia che tutto sarebbe andato bene. L’incoscienza della gioventù! Sono stata veramente fortunata".
Prego, racconti.
"Un giorno mi incaricarono di portare, come già era accaduto altre volte, una busta, naturalmente chiusa, al dottor Chiappa, uno dei maggiori esponenti del C.L.N. di Verbania. Ero in tram per raggiungere Intra assieme a Luisa, una ragazzina più giovane di me, che dimostrava ancor meno dei suoi anni (ne aveva 16) e con quella sua aria così per bene non attirava certo l’attenzione dei fascisti o dei tedeschi. Arrivate a Zoverallo, un paesino alle porte di Intra, dove c’era un posto di blocco fascista, fermarono il tram per una perquisizione. Arrivati da me mi imposero di aprire la borsa. Io, con grande indifferenza (non so come mi riuscì di farlo), presi in mano la busta, la tenni alzata e loro estrassero tutto quello che conteneva la borsa e dopo un breve “va bene” proseguirono il loro lavoro. Rimisi tutto a posto compresa la busta. Luisa mi guardava con gli occhi sbarrati e non riuscì a fare alcun commento. Se in quel momento non mi avesse aiutato una grande incoscienza, forse oggi non sarei qui a raccontarlo. Cosi come quella volta che, in compagnia di Franca cercavo benzina per l’ambulanza (dovevamo trasportare un ferito) e mi imbattei in un posto di blocco dei repubblichini. Uno di loro ci chiese i documenti, Franca aveva la carta svizzera, io la carta d’identità, pure scaduta e con lo stemma del re d’Italia; il piccoletto si arrabbiò e me la fece in mille pezzi. Tutta la scena era stata osservata da un ufficiale della X Mas che intervenne, ci portò in caserma facendoci passare per sue conoscenti, rassicurandoci che il mattino dopo avremmo trovato in caserma una tanica di benzina. Ci ha salvate".
Rimpianti?
"Non aver potuto completare gli studi, avrei voluto laurearmi in Giurisprudenza".
Abbiamo un premier donna, che ne pensa?
"Dopo le elezioni del 25 settembre non guardo più la tv, sono preoccupata".