ANDREA
Cronaca

L’abito rosso e 140 pagine da antidolorifico

Andrea

Maietti

Mal di denti. Schopenhauer aveva ragione: com’è possibile la perfetta felicità, se basta un molare precario a incupire la luna di Agosto? Rossa è la luna, come la copertina di un libello ammiccante tra quelli più amati: “L’abito rosso”, di don Luigi Pozzoli (Scheiwiller): l’abito delle occasioni solenni del prete-monsignore. Le 140 pagine del libro, divise in 17 capitoletti, rimandano al rito drammaturgico-didascalico dei quaresimali d’antan, quando due frati (quel fürb e quel gnurant) dialogavano sulle rispettive scelte di vita: quella saggiamente virtuosa, e quella stolidamente trasgressiva. Le argomentazioni qui esaltano il piacere della memoria (Cesare Angelini asciugato di lirismi); strabiliano nell’ironia che muove da sottigliezze manzoniane, passa per padre Brown e approda a momenti burleschi da evocare il piovano Arlotto. Ma che differenza c’è tra un Monsignore e un semplice prete? Nessuna. Solo che il primo non lo sa. Così recita l’epigrafe introduttiva. Il resto arriva in chiusura: "Dovreste ormai sapere, dopo tanti anni che sono con voi (dice don Luigi ai suoi parrocchiani), che cosa io pensi dei Monsignori. Tengo a ricordarvi che c’è un solo Monsignore che io sia disposto a riconoscere. Volete sapere come si chiama? Ve lo dico, sottovoce, in francese: è Mon Seigneur". Che centra il mal di denti? Che mi ha tenuto sveglio un’intera notte. E se ha dato ragione a Schopenhauer, non mi ha impedito di ri-godere, prima che il campanone del duomo battesse le cinque, tutte le 140 pagine, come fossero un portentoso antidolorifico.