GIANCARLO RICCI
Cronaca

La stella di chef Di Pinto: "Il traguardo più bello. Ma non mi fermo qui"

Il titolare del ristorante Sine dopo il riconoscimento della guida Michelin "Un premio dopo tanto lavoro, continuerò a fare ricerca e a sperimentare. Ormai mi sento adottato da Milano, ma non dimentico la mia Napoli". .

La stella di chef Di Pinto: "Il traguardo più bello. Ma non mi fermo qui"

Il titolare del ristorante Sine dopo il riconoscimento della guida Michelin "Un premio dopo tanto lavoro, continuerò a fare ricerca e a sperimentare. Ormai mi sento adottato da Milano, ma non dimentico la mia Napoli". .

Da qualche giorno a Milano brilla una nuova stella. È quella Michelin conquistata dal ristorante SINE, aperto nel 2018 in Viale Umbria 126 e guidato dallo chef napoletano Roberto Di Pinto. "SINE" entra a far parte del firmamento Michelin aggiudicandosi la sua prima stella, un riconoscimento che premia un percorso culinario audace e innovativo, dove la tradizione napoletana è servita insieme alla contemporaneità. Abbiamo fatto una chiacchierata con Roberto Di Pinto, ancora emozionato per il traguardo raggiunto.

Come ha accolto questa notizia e cosa rappresenta per lei e per il suo team questo prestigioso riconoscimento?

"Il giorno prima della premiazione ho detto a tutti di guardarsi la diretta perché in qualche modo ci speravo, senza però averne alcuna certezza. Non posso nascondere che per uno chef, ricevere una stella Michelin è il coronamento di un sogno. Poi, quando la notizia è arrivata in maniera ufficiale, è stata una soddisfazione immensa. Per me ma anche per tutto il mio staff, perché questo riconoscimento è il risultato del tanto lavoro fatto in questi anni, dei sacrifici e dei sogni. Ed anche un risultato che ci sprona a fare sempre meglio".

"Sine" il suo ristorante è stato aperto nel 2018, qual è stato il percorso che vi ha portato ad ottenere la stella Michelin in soli sei anni?

"Ma in realtà io ero già a Milano da sei anni perché ero l’ex chef del ristorante dell’hotel Bulgari e quindi la città la conoscevo. Diciamo che la città conosceva meno me perché il mio lavoro al Bulgari era stato un lavoro eccezionale, ma culinariamente ero legato un po’ a quella che era l’identità del marchio e non riuscivo ad esprimere appieno la mia personalità. Dopo un po’ ho avuto la necessità di esprimermi al cento per cento, volevo comunque avere un posto mio, intimo, dove poter avere un rapporto diretto con i miei clienti; avevo ben chiara l’idea di dove volevo arrivare e da dove dovevo partire e quindi mi sono ripresentato al pubblico milanese con il mio locale con questa nuova filosofia, quella che ho chiamato gastocrazia cioè potere alla cucina. È stato un bel percorso, anche se non sono mancate le difficoltà: c’è stato il Covid, alcuni lavori nel palazzo e nella via dove si trova il ristorante, ma io e il mio staff non ci siamo mai persi d’animo. Poi, piano piano abbiamo cominciato anche a cambiare un po’ veste al ristorante, siamo passati dai tavoli quadrati ai tavoli rotondi, abbiamo cominciato a eliminare qualche tavolo, abbiamo iniziato ad aggiungere tutta una serie di cose che avevo in mente, ma che all’inizio non si potevano fare e oggi devo dire che abbiamo raggiunto un primo importante traguardo con la stella Michelin. Ma la maratona non è finita, continueremo ad innovare e sperimentare per continuare a trasmettere ai miei clienti quello che sono attraverso la mia cucina e l’identità del mio ristorante".

Come definirebbe la sua cucina?

"Io sono napoletano, ma amo dire che non cucino napoletano ma cucino in napoletano. E questo si manifesta in tutto. Il mio ristorante parla napoletano come parlava napoletano Pino Daniele. Io voglio essere quello, mi piacerebbe moltissimo rappresentare per Napoli quello che ha rappresentato Pino Daniele nella musica napoletana perché Pino Daniele usava il linguaggio napoletano in uno spartito totalmente diverso. Questo cerco di fare con la mia cucina, raccontare Napoli ma in un modo tutto mio, personale ed anche internazionale da un certo punto di vista. La mia cucina non ha confini, proprio come il menù di punta del ristorante che si chiama appunto "Sine" confini dove la napoletanità non è una forzatura, ma è il sentimento che guida me e tutto quello che c’è qua dentro".

Parliamo un po’ dell’ambiente di "Sine" che lei ha descritto come elegante, ma informale. Com’è riuscito a creare questo equilibrio e perché pensa che sia così importante per l’esperienza dei suoi ospiti?

"Io prima di essere ristoratore sono cliente. Io vado in giro con mia moglie dalla pizzeria sotto casa ad altre stelle Michelin ed essere cliente ti insegna tante cose. Le faccio un esempio: quando ho aperto non avevo le tovaglie perché il non averle, secondo me, dava al cliente un senso di un’esperienza che stava cominciando. Dopo un paio d’anni ho messo le tovaglie anche io, dopo essere andato a mangiare in un ristorante a due stelle Michelin. Lì mi sono reso conto che, oltre ad apprezzare il cibo, ero stato per tutta la durata del pasto ad accarezzare le tovaglie che erano bellissime e morbidissime. Sono uscito da quel ristorante portandomi a casa quell’esperienza tattile ed ho subito pensato ‘io questa questa coccola ai miei clienti la devo dare, devo mettere le tovaglie nel mio ristorante. Parlo tanto con i clienti, li ascolto e mi rendo conto che oggi un cliente viene in un ristorante come questo per dedicarsi del tempo; è come andare in una SPA e quindi quando vai in un posto così, tutto, dal cibo al servizio, deve essere pensato solo ed esclusivamente per il cliente. Lo ripeto in continuazione ai ragazzi che lavorano con me: non è la nostra serata, è la loro. È importante ricordarsi che ogni tavolo è una storia diversa. Ogni tavolo è una cena diversa. Ogni tavolo è un’esperienza diversa. L’ambiente poi, un po’ deve rappresentare me, era quello che che volevo, è un salotto bello curato, con tanta napoletanità espressa dai centro tavola che raccontano simbolici gesti napoletani dalle corna a San Gennaro, ma eleganti. Mi piace anche strappare un sorriso a tavola e anche il centrotavola può essere un un modo per far sorridere le persone".

Torniamo a parlare della stella Michelin: dopo aver raggiunto questo importantissimo traguardo quali sono i suoi prossimi obiettivi come chef e quali sono quelli del "Sine"?

"Io parto prima dei sogni e poi li trasformo in obiettivi. Ho sempre ragionato così fin da ragazzo. Sicuramente il prossimo sogno da realizzare è avere un ristorante a Napoli perché devo restituire qualcosa alla mia città. Io sono sono qui e sono Roberto Dipinto perché Napoli mi ha dato tanto, nonostante io abbia lasciato la mia città a 18 anni per imparare un mestiere. Io vivo e lavoro a Milano, sono milanese di adozione, Milano è la città da cui non andrò mai via, mia figlia è nata a Milano, mia moglie è milanese, però il prossimo sogno da realizzare è quello. Un mio ristorante a Napoli. Spero di riuscire a realizzarlo quanto prima".