Alessandro
Scali*
La preparazione scolastica è un sogno sempre più remoto in Italia: non solo la scuola non prepara nessuno a niente, men che meno alle cose giuste, ma non è neanche preparata a sua volta. Non c’è alcuna visione d’insieme, non c’è alcun programma - salvo quelli demenziali che vengono stilati ogni anno per estrarre con sempre maggiore precisione il peggio da ogni materia – né vero interessamento verso chi la frequenta. Alla scuola manca persino lo zelo repressivo. La scuola è oggigiorno il regno della mollezza, il dominio della flaccidità: assorbe colpi e contraccolpi senza deformarsi, giace oziosa sul triclinio della legislazione, che la garantisce senza potersela permettere.
La scuola è una massa inerte che trascina verso il fondo l’intera popolazione. Lo dimostra più che mai questo inutile 13 settembre 2021, giornata di trionfale rientro: tutto è rientrato nella norma, le routine consunte sono ricominciate con grande sollievo dei nostri indolenti cervelli. I compiti delle vacanze, gli scritti d’esame, i soliti prof, le solite aule, le solite dinamiche immarcescibili di menefreghismo. A troppi studenti non interessa un accidente di studiare, a troppi insegnanti di insegnare, ai dirigenti non passa per la mente di dirigere qualcosa e i ministri, anziché amministrare, somministrano le solite manfrine di speranza. La scuola nel suo insieme è accartocciata su se stessa, crollando senza ammetterlo, ammantandosi ancora di aulici meriti. Persino i movimenti e i subbugli che ogni tanto la scuotono diventano un’occasione per far fronte comune in nome della stasi, della fissità. Studenti e insegnanti che tacciono unanimi, facendosi l’occhiolino e dicendosi che andrà tutto bene, compatti contro i già pochi, non di rado scoraggiati, riottosi. La scuola ci tiene ai propri problemi, vuoi per abitudine, vuoi perché fanno comodo, vuoi perché le danno modo di farsi compatire, e non ha la benché minima idea che sia iniziato un nuovo anno. *Alunno