Arriva in Cassazione il caso delle condizioni di salute di Renato Vallanzasca, il 73enne ex protagonista della mala milanese degli anni ‘70 e ‘80 che ha già trascorso oltre 50 anni da detenuto e che fu condannato a quattro ergastoli e 295 anni per omicidi e rapine, con "fine pena mai". È stata fissata, infatti, per il 30 novembre l’udienza davanti alla Suprema corte, dopo che i suoi legali, gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, hanno presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di sorveglianza che, a fine maggio scorso, ha respinto la richiesta dei difensori di differimento pena, con detenzione domiciliare in una struttura adatta, per motivi di salute. I legali avevano prodotto una consulenza firmata da tre neurologi, tra cui il professore Stefano Zago, e un medico legale per dimostrare che Vallanzasca da almeno quattro anni soffre di un decadimento cognitivo e che la detenzione in carcere sta aggravando le sue condizioni.
I giudici milanesi, pur riconoscendo il decadimento cognitivo e il lento e progressivo aggravamento del quadro clinico, non hanno mai voluto accordare la detenzione domiciliare e hanno stabilito che ci sono trattamenti di tipo conservativo e farmacologico e che il 73enne può essere, dunque, curato in carcere a Bollate.
I giudici hanno respinto anche il differimento pena "cosiddetto umanitario" e la richiesta di una perizia medico legale. Anche l’ex moglie Antonella D’Agostino nei mesi scorsi ha chiesto in una lettera che venga curato fuori dal carcere e che non venga "umiliato" un uomo che oggi è "ridotto a un’ombra" di se stesso.