REDAZIONE MILANO

La ministra Cartabia: "È necessario togliere disumanità dal carcere"

"Se non sappiamo dire che cos’è un carcere umano, allora andiamo a vedere e proviamo a dire che cos’è un carcere disumano e partiamo da lì".

Lo ha detto ieri la ministra della Giustizia Marta Cartabia al "Festival dell’Umano" in corso al Museo della Scienza. "È necessario togliere la disumanità" dal carcere", ha aggiunto. Poi ha osservato: "Forse non sappiamo che cos’è una pena umana, ma che cos’è una pena disumana lo vediamo subito, dentro e fuori da casa nostra".

"C’è un lavoro da fare enorme - ha ammesso la ministra - citando tra l’altro il recente caso della donna che ha partorito un bambino nel carcere di Rebibbia. "Quando una madre partorisce un bambino in carcere da sola - ha detto - c’è qualcosa che non è umano, anche se la responsabilità non è stata del carcere ma di qualcun altro. Anzitutto bisogna togliere la disumanità, quando vedi detenuti malati e abbandonato a se stessi perché il carcere non può curarli ma solo contenerli, questo non è umano".

Cartabia ha citato inoltre l’altro "grande principio della Costituzione, il carcere che serve a dare una seconda possibilità, la rieducazione, una finestra che guarda sull’oltre. Tutti quelli che operano in carcere sanno bene come tante volte da piccoli gesti quotidiani, mille cose diverse possono far scattare la scintilla che fa rinascere una persona. Ho sentito ergastolani recitare Dante e dire il verso “uscimmo a riveder le stelle“. In carcere ho visto cose terribili e sublimi, abissi e vertici di umanità convivere insieme. Bisogna avere visto" ha concluso Cartabia. Che poi è tornata sulgli anni del terrorismo. "Ci si chiede che senso abbia dopo 40 anni insistere con le estradizioni" di ex terroristi, "che ormai hanno vissuto la loro vita, che sono anziani". Ma "l’esigenza della verità, del dire una parola di ricostruzione chiara, leale, è intramontabile"