
La maledizione sulla dinastia. Il fratello rapito e mai ritrovato
Famiglia ricca, potente, e perseguitata dalle disgrazie quella dei Rancilio, costruttori che, a cavallo dei Settanta, realizzarono tutti i grattacieli di Cesano Boscone e Bollate, anonimo hinterland Milanese. Un destino tragico, quello di Fiorenza, 73 anni, colta, grande amante dell’arte che ancora oggi si occupava della gestione del ricco patrimonio ereditato da suo padre Gervasio e un destino anche beffardo nel legare luoghi, via Crocefisso e tragedie. Il dolore mai superato per aver perso l’adorato fratello dopo il rapimento, un figlio, Guido Augusto Pozzolini Gobbi Rancilio di 36 anni, da sempre gravemente malato (che portava anche il nome dello zio morto) e che poi la ucciderà a colpi in testa nel soggiorno di quello stesso lussuosissimo appartamento di quattro piani al centro di Milano in cui lei era cresciuta con il fratello e aveva poi abitato con l’ex marito, un noto gioielliere, e appunto con il figlio.
Ancora in via Crocefisso, dove ieri mattina è stata trovata uccisa con profonde ferite alla testa, il figlio Guido Augusto accanto portato via in stato confusionale, fu studiato anche il rapimento di suo fratello Augusto, avvenuto poi a Cesano Boscone il 2 ottobre del ’78, perché la via in cui abitavano, nel salotto nobile della città, era troppo stretta e troppo controllata perché si potesse gestire inosservati la logistica del rapimento. Gervasio Rancilio, padre di Fiorenza e suo figlio Augusto, quella mattina, vennero circondati da un commando di 8 persone, si scoprirà poi tutte affiliati alla ’ndrangheta di Buccinasco.
Picchiarono lui e lo gettarono a terra, poi presero il giovane figlio architetto che venne caricato su un furgone e di lui non si seppe più nulla fino a quando il boss della cosca calabrese Saverio Morabito raccontò, anni dopo, che venne ucciso quasi subito perché aveva cercato di ribellarsi ai suoi carcerieri e aveva cercato di fuggire.
Lo uccisero le botte – disse – unite ai troppi tranquillanti che gli avevano somministrato mentre lo portavano in Calabria, da San Giorgio a Legnano, nascosto tra le cassette di frutta di un camioncino. Il padre Gervasio detto ’il re dei grattacieli’, che cercò e trovò fortuna anche in Francia, non pagò mai il riscatto: "Mi spiace, ma sono senza soldi, ho solo debiti con le banche e le scarpe bucate". A lungo si parlò di un "raggelante cinismo" di Gervasio che nelle ore successive al rapimento tornò in ufficio a lavorare: "Qui c’è una azienda da portare avanti, non possiamo fermarci", così disse ai giornalisti che lo riportarono nelle cronache dell’epoca.
Il corpo del 26enne Augusto non fu mai restituito alla famiglia e Fiorenza nel 1983, in sua memoria, creò la Fondazione Augusto Rancilio, un ente culturale senza fini di lucro per il sostegno alla formazione, allo studio e alla ricerca. La donna ne rimase presidente fino a pochi anni fa quando la carica fu poi assunta dal fratello Cesare. "Su quanto successo non abbiamo nulla da dichiarare" hanno fatto sapere ieri dalla "Fondazione Augusto Rancilio" che ha sede a Villa Arconati, una delle dimore storiche più belle e visitate dell’hinterland milanese, costruita nel 1600 a Bollate, una manciata di chilometri da Milano. In via Crocefisso, invece, c’è il quartier generale degli affari di famiglia. Madre e figlio, da sempre malato e in cura per problemi psichiatrici, vivevano nello stesso palazzo in due piani diversi e collegati, lei all’attico e superattico al nono e lui tre piani sotto.