RUBEN RAZZANTE
Cronaca

La dipendenza da smartphone dei ragazzi

Il 91% dei giovani tra i 16 e i 35 anni possiede uno smartphone e il 64% lo utilizza...

Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica

Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica

Il 91% dei giovani tra i 16 e i 35 anni possiede uno smartphone e il 64% lo utilizza in modo frequente o continuo, rimanendovi connesso dalle 4 alle 6 ore al giorno. Tale assiduo utilizzo provoca perdita del sonno (il 57% usa lo smartphone fino a tarda notte), ansia da interazione (un giovane su due teme di non essere raggiungibile), riduzione della socialità (il 40% preferisce interazioni online), diminuzione delle prestazioni a scuola, sul posto di lavoro e nelle relazioni. E’ lo scenario impietoso che emerge da una ricerca Changes Unipol, in collaborazione con Kkienn Connecting People and Companies sul benessere mentale dei giovani di quella fascia d’età. L’81% di essi si considera dipendente dallo smartphone e le donne risultano più dipendenti degli uomini, prediligono social media e app di messaggistica, mentre gli uomini sono più attratti da notizie, giochi, scommesse online, pornografia, intelligenza artificiale. Le conseguenze di questi comportamenti ormai consolidati sulla salute mentale sono allarmanti: riduzione della concentrazione, ansia e depressione, isolamento sociale. Tuttavia, il 53% dei giovani riconosce la necessità di difendersi dallo smartphone, anche se solo una minoranza riesce a ridurne l’utilizzo. Tuttavia il 57% degli italiani è contrario a restrizioni sull’uso dello smartphone tranne che alla guida (73% di sì) o a scuola (64%). Dalla ricerca emerge che lo smartphone, oltre che causare scompensi sul piano dell’equilibrio psico-fisico dei giovani, amplifica altri disagi derivanti da fattori economici e sociali, come insicurezza lavorativa, aspettative di performance, difficoltà di bilanciamento tra vita e lavoro e declino delle relazioni sociali. Se da un lato offre visibilità e opportunità, dall’altro può accentuare insicurezza e bassa autostima, il che evidenzia l’importanza dell’educazione digitale.

*Docente

di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica

di Milano