REDAZIONE MILANO

La “cresta“ sui diamanti e quello yacht di 30 metri

Imbarcazione sequestrata all’imprenditore che patteggia 4 anni e 4 mesi

C’è anche uno yacht di 30 metri tra i beni confiscati dalla Guardia di Finanza a Nicolò Maria Pesce. L’imprenditore ha patteggiato 4 anni e 4 mesi nel filone per riciclaggio dell’inchiesta sulla maxi truffa dei diamanti venduti a prezzi gonfiati a migliaia di investitori compresi alcuni vip come Vasco Rossi e provocando loro danni per centinaia di milioni di euro.

Una mega truffa ad opera di società del settore che grazie a complicità del sistema bancario - sono coinvolte Banco Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, BancaAletti - promuovevano e vendevano diamanti a prezzi notevolmente superiori rispetto all’effettivo valore, promettendo agli investitori rendimenti irrealistici ed applicando loro esorbitanti provvigioni. Il provvedimento di confisca è stato firmato dal gip Alessandra Clemente dopo indagini coordinate dal pm Grazia Colacicco.

Milanese, 45 anni, Pesce era stato arrestato lo scorso giugno in una costola dell’indagine che riguarda l’accusa di riciclaggio. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano hanno accertato che l’imprenditore, che opera nel settore finanziario con società di consulenza, avrebbe riciclato oltre 20 milioni di euro, una porzione dei presunti profitti illeciti per circa 500 milioni di euro scoperti nell’indagine principale. Pesce era accusati aver ricevuto "in più tranche" da Maurizio Sacchi, amministratore della Diamond Private Investment (DPI) e uno dei principali indagati nell’inchiesta sui diamanti, oltre 20 milioni di euro per conto di società riconducibili a quest’ultimo, Magifin e Magifin Immobiliare.

Come si legge negli atti, l’imprenditore sarebbe stato a conoscenza "delle vicende giudiziarie" in cui era coinvolto Sacchi e ne parlava con l’avvocato

ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, arrestato un anno fa in un’inchiesta sulla ’ndrangheta e che prima era il legale dello stesso Sacchi.

Soldi che, transitando dai conti della Kamet, società di consulenza di Pesce, "venivano trasferiti" sui conti "delle società del gruppo Grenade" riconducibile sempre all’imprenditore, reinvestite in fondi gestiti da una società lussemburghese e finanziando attività riconducibili allo stesso Pesce nei più diversificati settori economici: un ristorante a Forte dei Marmi, una cava di marmo, una sartoria e un concessionario di autovetture, tutti a Carrara, e due società operanti nel recupero crediti e nell’intermediazione immobiliare, con sede a Milano.

La confisca, arrivata dopo il patteggiamento di Pesce a 4 anni 4 mesi, porterà nelle casse dell’Erario beni per un valore complessivo di oltre 17 milioni di euro: riguarda anche tre appartamenti (uno in pieno centro), autovetture di lusso e due imbarcazioni, tra cui lo yacht di lusso ora in rimessaggio .