C’è un angolo di Milano, tra le vie trafficate e i risvegli frenetici, dove ogni mattina si svolge una piccola scena di quotidianità urbana: è Piazzale Lavater, davanti a una scuola elementare. Lì, tra zaini colorati, saluti assonnati e risate leggere, i bambini si incontrano prima del suono della campanella. Un momento che dovrebbe essere sereno, leggero, addirittura magico per chi è ancora nel tempo dell’infanzia. E invece, spesso, è turbato da una presenza sgradevole: rifiuti abbandonati, bottiglie rotte, resti di una sera che nulla ha a che fare con l’innocenza del mattino.
A raccontarlo sono i bambini stessi. Con parole semplici, dirette, sincere, questi piccoli cittadini ci restituiscono una fotografia nitida di ciò che accade. E lo fanno con uno sguardo che non accusa, ma osserva; che non si arrende, ma propone. La loro voce, così limpida, è un invito a riflettere — non solo sullo stato del piazzale, ma su un’intera cultura del vivere insieme.
Ecco, rispetto è la chiave di questo racconto. Una parola semplice, eppure troppo spesso dimenticata. Rispetto per l’ambiente, per gli altri, per gli spazi comuni. Ma anche per se stessi, perché vivere nel degrado significa accettare un mondo più povero, più triste, più pericoloso.
Il caso di Piazzale Lavater non è isolato. È solo uno dei tanti angoli delle nostre città che soffrono dell’incuria quotidiana.