SIMONA BALLATORE
Cronaca

"Io, ostetrica senza frontiere Ecco la forza delle donne"

di Simona Ballatore

Nella mente le donne che ha aiutato a sopravvivere al parto in Sud Sudan, Iraq, Afghanistan "con una forza spiazzante nonostante la vulnerabilità". Nel cuore i bimbi che ha visto nascere, che spera siano ancora vivi. "Perché quando lavori in situazioni al limite è la domanda che ti fai tutti i giorni", confessa Ileana Boneschi, 34 anni, ostetrica, mamma, in prima linea con Medici Senza Frontiere. È lei l’alumna dell’anno dell’università di Milano-Bicocca, premio assegnato dall’associazione dei laureati BicoccAlumni.

Ostetrica senza frontiere: quando ha capito che sarebbe stata la sua vita?

"Al liceo. Frequentavo l’artistico a Giussano e ammiravo Gino Strada. Volevo entrare nel mondo umanitario. Pensavo di farlo da medico-chirurgo, non ho superato il test per 0,25 punti. Sono entrata in Ostetricia e, a posteriori, ho capito che in questo campo si può avere un impatto anche maggiore".

Prima destinazione?

"Kenya, subito dopo la laurea, come volontaria. Per farlo in modo professionale però dovevo maturare più esperienza, ho lavorato a Monza, a Reggio Emilia e poi con Medici Senza Frontiere, incontrando culture molto diverse".

Le storie che porta con sé?

"Tante. Nel 2015 ero nel Kurdistan Iracheno: trovare ostetriche disposte a lavorare con noi, vicino al fronte, era difficilissimo. E invece ecco curde, irachene, assiri, siriane: fianco a fianco, si prendevano cura di altre donne. Della vita".

Ultimo viaggio in Afghanistan.

"Ci sono stata fino a metà 2018: i talebani non erano ancora tornati al potere ma io ero nella zona di Khost, e lì la loro influenza si sentiva forte. Ricordo una donna arrivata dalla montagna, quasi morta. Per salvarla dovevamo togliere l’utero, ma il marito doveva darci il consenso. Sono partita prevenuta, per convincerlo. Il tempo era poco. Mi ha dato il pollice per firmare, non sapeva scrivere. Avrei voluto abbracciarlo. “State tranquilli, ce la faccio“: ha detto lei. Tre settimane dopo è tornata a casa. La vita che resiste".

E la forza delle donne.

"Ricordo tanti casi di violenza sessuale, utilizzati come arma di guerra. Penso a quelle donne che partorivano e tenevano duro sempre e comunque, con effetti sulla salute mentale irreversibili dei quali nessuno si prenderà mai carico. Ma loro sopravvivono, vanno avanti".

Ora lei è mamma, lavora all’ospedale di Lecco. Come concilia tutto?

"Siamo tornati nel 2018, Viola è nata nel 2019, Aida nel 2021. È faticoso far quadrare tutto, ma quando penso alle persone incontrate, i nostri crucci non sono più così importanti".

Le manca la frontiera?

"Sì. La voglia di tornare è sempre lì. Ci si deve un po’ organizzare, c’è la possibilità di partire in missione in famiglia, spero succederà, nel momento giusto per tutti. Quanto torno in Bicocca, dagli studenti, a loro va il mio invito: non mettete la missione umanitaria nel cassetto, è fattibile. E si può fare la differenza".