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Ron si racconta: "Milano pareva New York. Poi quel concerto con Dalla e un provino con Visconti"

Dagli esordi al cinema: i ricordi meneghini del cantante. "Via Dante mi entusiasma. Contornata da bei palazzi e caffè, col Castello sullo sfondo, solletica la mia voglia di shopping" di Massimiliano Chiavarone

Ron a Milano

Milano, 20 settembre 2014 - "Milano è una città per cantare". Parola di Ron.

Si riferisce ai suoi esordi, oppure è in vena di nostalgia per un suo album del 1980?

Le due cose coincidono, perché in questa città la mia carriera di musicista ha preso il volo e poi ogni volta che vengo qui, sono travolto dai ricordi di alcuni periodi meravigliosi che ho trascorso proprio a Milano.

Ma qui ci ha mai abitato?

No, sono sempre rimasto di base a Garlasco, nel pavese. I miei vi si trasferirono per mettere su famiglia. Mio padre nel 1944, durante la guerra, era braccato dai nazisti. Trovò rifugio presso una famiglia a Magnago, vicino Busto Arsizio. E si innamorò della loro figlia che poi sarebbe diventata mia madre.  

E la musica?

Da ragazzino, a 14 anni, una maestra di canto Adele Bartoli, scoprì la mia voce. Cominciai a studiare. Imitavo Gianni Morandi. E la mia insegnante mi iscriveva ai concorsi. Venni notato da un dirigente della Rca che mi invitò a Milano per fare un provino. Era una delle mie prime volte qui. Era estate, una giornata caldissima. L’appuntamento era in Corso Europa. A me sembrava di essere a New York. Cercavo di immagazzinare quanti più ricordi potevo, perché pensavo: "Chissà quando ci ritorno". E infatti dopo fui invitato a Roma. C’era una canzone che mi attendeva.

Come andò?

Era il 1969. Andai nella capitale accompagnato da mio padre. L’appuntamento negli studi della Rca. L’attesa era interminabile. A rompere la monotonia arrivò un uomo magrissimo, inguainato in una tutina leopardata con tanto di coda. Aveva anche i baffi lunghi e inforcava occhiali che si illuminavano a intermittenza. La prima cosa che disse fu : "Ciao nì!". Era Renato Zero. Un’apparizione memorabile. Intanto nessuno ci dava notizie. Sapevamo solo che dovevamo attendere Dalla. Lucio arrivò con cinque ore di ritardo tutto ingessato e in sedia a rotelle. Sulla strada aveva avuto un incidente alla guida della sua Porsche.

E poi le diedero la canzone?

Era 'Occhi di ragazza'.  Dovevo cantarla con Sandy Show nel 1970, ma non superò le selezioni di Sanremo. Poi diventò un successo di Gianni Morandi. Mi rifeci con 'Pa diglielo a ma' grande affermazione sanremese in coppia con Nada. Avevo 16 anni e non potevo uscire di casa perché mi fermavano tutti. Meno male che c’era Dalla così prodigo di consigli preziosi. Era con me un po’ padre, un po’ fratello maggiore. Lui mi diede 'Il Gigante e la bambina'. Era la storia di uno stupro. Questo pezzo diventò un mio cavallo di battaglia. Era il 1971 e lo stesso anno tenni con Dalla un bellissimo concerto a Milano.

La prima volta che cantava in coppia con Lucio?

Sì, ci esibimmo per una settimana al Piccolo di via Rovello. Lucio era reduce dal successo di '4 marzo 1943'. Ogni sera cantavo due brani 'Il gigante' e 'Strade su strade'. Fu un periodo pieno di allegria. Dalla in quegli anni era più libero e gioioso. Poi avrebbe assunto un piglio più manageriale, da imprenditore di se stesso.

La via di Milano che preferisce?

La via Dante, così spaziosa, contornata da bei palazzi, caffè, con tavolini all’aperto e la vista del Castello in lontananza. E’ una via che mi entusiasma, anche perché con i suoi negozi solletica il mio piacere per lo shopping. Una volta che comincio a fare acquisti non mi fermo più. Per me Milano è una delle città più importanti del mondo.

Le manca molto Dalla?

Sì, anche lui era innamorato di Milano a cui aveva dedicato una canzone. Lucio mi spronava a scrivere. Dopo un po’ di anni in cui mi faceva i testi, mi disse: 'Ora devi pensarci tu'. La mia amarezza riguarda le occasioni che mi sono sfuggite. Di carattere sono pigro, ipercritico e introverso. C’è stato anche un milanese di cui ho un ricordo indelebile: il regista Luchino Visconti.

Le fece un provino?

Sì, per il ruolo di Tadzio in 'Morte a Venezia'. Visconti era determinato ma dolce. Fui provinato anche da Zeffirelli per 'Fratello sole, sorella luna'. Ma allora pensavo solo alla musica. Ora però vorrei scrivere uno spettacolo dedicato alla mia vita. Sarà un one-man-show in cui canto e recito, interpretando via via anche le  persone che mi sono state vicine nei diversi momenti della mia vita.

di Massimiliano Chiavarone

mchiavarone@yahoo.it