REDAZIONE MILANO

Inter, il giallo di Mazzarri: tutti i retroscena dell'addio e i peccati contestati a Walter

L'ex allenatore del Napoli al primo esordio in carriera: silurato senza preavviso, con una telefonata, davanti a un caffè. Il presidente nerazzurro Thohir riparte da Roberto Mancini di Giulio Mola

Walter Mazzarri (Lapresse)

Milano, 15 novembre 2014 - Silurato senza preavviso, con una telefonata che gli ha mandato di traverso il caffè. Mentre i suoi collaboratori, sbigottiti, si chiedevano se fosse tutto vero. Così, nonostante le rassicurazioni della proprietà, è finita l’avventura di Walter Mazzarri all’Inter, dopo diciassette mesi in cui mai il livornese si è sentito amato dai tifosi e apprezzato dal club. Per lui è il primo esonero dopo 18 anni di carriera, ma è curioso il fatto che a cacciarlo sia stato un presidente che, almeno a parole e con continui sms («Coraggio mister, avanti così..», gli aveva scritto l’indonesiano poche sere fa) continuava a difenderlo. Del resto il tycoon di Giacarta è quello che non aveva avuto la forza e la voglia di licenziare Olsen, tecnico del Dc United, ultimo nella Eastern Conference del 2013, con ben 24 sconfitte. Ma l’Inter è un’altra cosa. E Thohir lo aveva capito già poche ore dopo la sconfitta di Firenze, quando il suo predecessore Moratti gli disse: «C’è Mancini libero, cambiamo allenatore...». Da allora è cominciato il pressing dell’ex patron, il primo a volere la testa dell’allenatore che lui stesso aveva scelto. Mazzarri sapeva dell’ostracismo di Moratti, l’esternazione («Non rispondo a questo o quell’altro») di qualche settimana fa rivolta proprio al petroliere è stata la sua condanna. Che ha finito per coinvolgere Thohir. L’indonesiano aveva chiesto a Moratti di ricapitalizzare, l’ex presidente gli aveva posto la condizione: «Purché si cambi l’allenatore». E il tycoon dopo averci pensato per una notte, mercoledì, prima di partire, ha convocato i dirigenti: «Non cambiamo tanto per cambiare, cercate di prendermi Mancini. Altrimenti si va avanti con Mazzarri». Il quale, ovviamente, nulla sapeva.

Le grandi manovre a quel punto erano già partite (anche Zenga ha confidato di essere stato interpellato) e non si poteva più tornare indietro. Perché Thohir, convinto da Moratti (ma anche dalla pressione dell’ambiente interista), voleva puntare su un interista vero. La prima telefonata, mercoledì, è stata vana. «No grazie», la risposta del Mancio. A quel punto la chiamata è partita direttamente da Giakarta. Thohir sente Mancini al cellulare, i due parlano e mettono le basi della trattativa. Toccherà poi ad altri concludere. Ed infatti giovedì mattina a Roma volano il dg Fassone e il Ceo Bolingbroke: tocca a loro la parte più complicata, e di fronte non c’è l’allenatore jesino ma il suo avvocato. Si parla di soldi ma non solo. L’Inter offre un anno e mezzo di contratto, la controparte ne vuole almeno due e mezzo. Poi si discute di premi, clausole e diritti d’immagine, ma pure di brand. Mentre ad Appiano Mazzarri pensa al derby. Trattativa che va avanti per tutta la notte fra giovedì e venerdì, poi all’alba la fumata bianca. E Mancini che raggiunge la capitale per la firma del contratto. All’ora di pranzo è tutto ok, compare l’annuncio sul sito dell’Inter, i dirigenti interisti prendono il primo aereo per Milano, proprio mentre Mazzarri varca per l’ultima volta i cancelli di Appiano. Va a svuotare l’armadietto e a salutare (in lacrime) i giocatori presenti, stringe la mano al dt Ausilio che, con imbarazzo, gli aveva annunciato l’esonero. Con un divorzio traumatico e molto oneroso per le casse nerazzurre: Mazzarri e il suo staff costeranno 11 milioni lordi fino al giugno 2016. Ma forse è presto per dire chi avrà ragione. Per ora ha vinto Moratti.