
In settantamila con Libera Ritorno a Milano dopo 13 anni In piazza le famiglie degli eroi "Il nostro dolore non passa"
di Marianna Vazzana
La marcia dei 70mila da corso Venezia in piazza Duomo per dire basta alle mafie e ricordare le tante vittime della criminalità organizzata è un fiume umano con decine di migliaia di giovanissimi e famiglie in arrivo da tutta Italia e anche dall’estero. Bandiere colorate, striscioni arcobaleno o con slogan sollevati verso il cielo accompagnano la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera di don Luigi Ciotti e da Avviso pubblico, tornata a Milano dopo 13 anni e in concomitanza con il 30esimo anniversario della strage di via Palestro, che sarà il 27 luglio. Colonna sonora è “Imagine“ di John Lennon, suonata dal vivo dal trombettista Raffaele Kohler. I 1.069 nomi delle vittime di mafia vengono letti dal palco di piazza Duomo da più persone. Poi, sul maxi schermo scorrono anche quelli del naufragio di Cutro; in totale, sono 88 i migranti che hanno perso la vita. In prima fila Alessia Villani tiene in braccio una delle sue bimbe mentre gli occhi restano puntati sul palco. Mamma in carrozzina, ha affrontato il viaggio da Genova insieme al marito Davide e alle figliolette Elena e Chiara: "Ci tenevo tanto a esserci – dice – e a portare le mie bambine di 4 anni e quasi 2 perché voglio che respirino quest’aria di libertà, contro le prepotenze". Collabora con Libera da quando aveva 18 anni "e ora ne ho quasi 36. Ho contribuito all’organizzazione di questo evento per anni. Nel 2006 ho avuto un problema di salute ma ho sempre partecipato ugualmente, prima con le stampelle e ora in carrozzina".
La platea a cielo aperto è piena dei familiari di vittime di mafia. Almeno 500 partecipano alla giornata, tra cui Simona Falcone che è sorella di Domenico detto Mimmo: ucciso il 24 marzo del 1990 a Bollate, mentre si trova nel bar di famiglia. Aveva 22 anni. Ed è l’ultimo inserito ufficialmente nell’elenco nazionale delle vittime. La sua colpa? Essersi trovato sulla strada di un killer in fuga. "Mio fratello si sarebbe sposato di lì a poco. Questa ferita non si rimargina mai. Io stessa, che ho testimoniato, sono stata vittima di intimidazioni". Al suo fianco la figlia Arianna, che non ha mai conosciuto lo zio. "Ma ho vissuto il dolore della mamma e della nonna". Un dolore sempre vivo anche quello di Roberta e Liliana Iannì che hanno perso il loro papà, Carmelo, il 28 agosto 1980. Gestiva “Riva Smeralda”, un albergo sul mare a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo, e quell’estate ospitò tra i clienti un marsigliese arrivato in Sicilia a raffinare l’eroina per Cosa Nostra. Carmelo aveva consentito alla polizia di stare in hotel sotto copertura, "c’erano poliziotti camuffati da camerieri e portieri", ricordano le figlie. Ci furono arresti, grazie al loro papà. Che pagò con la vita per aver collaborato con le forze dell’ordine: "Gli spararono nella hall, come se nulla fosse – sottolinea Roberta –. Io avevo 16 anni. Mia sorella più piccola ne aveva 11 e ancora adesso non parla dell’accaduto. Le nostre vite sono cambiate per sempre". Buon segno per Liliana "vedere tanti ragazzi qui, che credono nella lotta alla mafia. La loro partecipazione è incoraggiante per il cambiamento della società". Migliaia le scolaresche e i gruppi di scout.
"Noi siamo della scuola media Antonino Anile di Pizzo Calabro e partecipiamo al progetto di Libera", spiegano gli insegnanti Gabriella Turcarolo e Francesco Murmura, a Milano con 8 ragazzi. In classe hanno preparato uno striscione: "Insieme è possibile cambiare". Il messaggio della giornata.