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In scena la tragedia di Re Lear

Il regista: "Una storia nera che ha qualcosa di luminoso"

MILANO

...e rideremo delle farfalle dorate. Così Re Lear, a due passi dal baratro. Cordelia è morta. La sua Cordelia. E lui si ritrova ancora una volta solo, per pochi attimi, in un mondo malfermo. Che non ha saputo leggere. Tragedia complessa il Lear. Come per altro tutto Shakespeare. Cinque atti di trame incrociate alla Corte di Britannia, una polveriera da quando l’anziana guida ha deciso di abdicare e dividere il suo regno fra le tre figlie Goneril, Regan e Cordelia. Solo che per farlo ha pensato di proporre un gioco un po’ scemotto: ognuna riceverà dei territori in base all’amore che dimostrerà nei confronti del padre. Cordelia si rifiuta e viene messa al bando. Ma gli eventi successivi e la guerra faranno dolorosamente aprire gli occhi al sovrano. Parabola disperata. Umana, troppo umana. Mentre si ragiona del potere, dell’amore filiale, di follia e di quanto le parole possano sedurre. Questa volta in compagnia di Glauco Mauri e Roberto Sturno, protagonisti del "Rea Lear" di Andrea Baracco, da martedì al Piccolo Teatro Strehler.

"Quello che mi ha sempre colpito di questa tragedia – sottolinea il regista –, una delle più nere e per certi versi enigmatiche, è che sotto quel nero sembra comunque splendere qualcosa di incredibilmente luminoso. Ci sono padri indegni e figli inetti, mentre le madri assenti vengono estromesse dal dramma. Nessuno dei personaggi è in grado di regnare, di assumersi l’onere del potere, nessuna testa ha la dimensione giusta per la corona, chi per eccesso, chi per difetto. Solo giganti o nani in questo universo dipinto da Shakespeare". Un universo solidamente piantato nella tradizione. Con un cast che incuriosisce, anche grazie alla presenza fra gli altri di Francesco Martucci, Woody Neri, Emilia Scarpati Fanetti. Repliche fino al 14 aprile.

Diego Vincenti