
"Allora, dobbiamo fare tutti i conti, qua se scappa una virgola, m. sono consumato... si parla... di quattro cinque zeri a salire!". Al telefono con una donna, Giovanni Fontana, secondogenito del boss dell’Arenella Stefano, parla di orologi di lusso e "cifre importanti", annotano gli investigatori. Le compravendite in nero di cronografi di pregio erano uno dei core business dei membri della famiglia palermitana trapiantata a Milano, arrestati due giorni fa dalla Guardia di Finanza a valle dell’inchiesta della Dda "Mani in pasta". "Dalle conversazioni intercettate – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Piergiorgio Morosini – è emerso che il commercio in nero di orologi di lusso rappresenta uno dei settori di interesse della famiglia Fontana, nel quale vengono investite e reimpiegate somme rilevanti del consistente flusso di denaro che trae origine dagli illeciti profitti realizzati nel capoluogo siciliano".
A svelare molti dettagli di questi traffici è stato il collaboratore di giustizia Vito Galatolo, cugino dei quattro fratelli: "Lui (Angelo, ndr), suo fratello Gaetano e Giovanni sono la stessa cosa nel senso, hanno tutto in comune, gestiscono in comune... quando c’era pure suo padre pure... – racconta ai pm –. Lui a Milano gestisce tutto a livello... economicamente a livello sugli orologi, brillanti compra vende, manda suo fratello a Palermo, fanno affari con altri gioiellieri... tutto denaro venuto... proveniente sia di estorsioni... tutto quello che c’è... macchinette... riciclano tutto... ma anche con hashish, quando c’è occasione pure con hashish voglio lavorare, le droghe...". Galatolo ha descritto pure il mercato parallelo delle certificazioni false per garantire l’autenticità della merce: "Sì, a me mi… ho un orologio rubato, io! Allora, per dire, io ci dico: “Gaetano, ma come mai mi stai facendo… senza documenti?” “I documenti sono faccenda mia!”. Si paga 500 euro, 300 euro, 800 euro… dipende il valore dell’orologio che ha: lo fanno come si battono i motorini!". I riscontri a queste dichiarazioni sono arrivati dalle intercettazioni telefoniche, che hanno captato diverse conversazioni in cui i Fontana parlavano di orologi.
Il 9 luglio 2017, ad esempio, Angelo racconta a una donna che "il giorno precedente un commerciante gli ha proposto la vendita in blocco di 102 orologi di proprietà di un costruttore, collezionista di orologi, la cui famiglia era intenzionata a vendere tutti i preziosi in possesso di quest’ultimo", ricostruiscono i militari delle Fiamme Gialle. "Sono stato più di un’ora... a fare i prezzi di ognuno vicino... che poi gli ho fatto la mia offerta, ora devo solo aspettare che... che mi fanno sapere di più...". Alla fine, stando a quanto risulta, l’affare va in porto, anche se Angelo si lamenterà con la solita interlocutrice per aver dovuto sborsare tutto di tasca sua: "Nessuno mi ha dato niente, già siamo in tre, quello poi ti do, poi ti do, poi ti do". I guadagni sono ingenti, soprattutto per Angelo, come dirà il fratello Giovanni al cognato Domenico Passarello il 28 aprile 2016: "Angelo da... da dicembre a ora già ha messo due milioni di euro". Certo, neppure lui ha di che recriminare sul fronte degli incassi personali: "Io ho guadagnato noi altri 600mila euro... da quando me ne sono salito dal 7 gennaio a ora 300... ho avuto io la fortuna di trovare due orologi a 73mila euro uno e 84mila... uno l’ho fatto a due e cinquanta e l’altro l’ho fatto a centonovanta...". Evidenze ancor più risalenti nel tempo si trovano, infine, in un dialogo tra i due fratelli del 13 ottobre 2015, in cui "discutono di una compravendita con terze persone di orologi di lusso modelli “Daytona“ e “Zenit“" per un valore stimato in circa 30mila euro.
Nell’intera vicenda, ha giocato un ruolo fondamentale anche la moglie di Gaetano, Michela Radogna, a sua volta arrestata per intestazione fittizia di beni e per essersi in sostanza occupata della cassa comune del clan (non contestata l’aggravante mafiosa) anche quando il marito era in carcere. Era lei, infatti, la titolare di facciata della gioielleria Luxury Hours di via Cavallotti, a due passi da piazza San Babila, dove i componenti del gruppo si ritrovavano spesso e volentieri per discutere delle questioni legate ai soldi e alle quote da distribuire tra fratelli e luogotenenti. La stessa gioielleria già colpita prima da un’interdittiva antimafia della Prefettura e poi da un provvedimento di sequestro da parte del Tribunale tra marzo e aprile del 2019. Nell’ultima operazione, sono stati messi i sigilli pure all’appartamento intestato alla Radogna (ma di fatto di proprietà del coniuge) in via Rutilia 22, in zona Ripamonti.