
La donna vendeva prodotti per cucina
Milano – Per anni ha affiancato all’incarico pubblico – seppur non a tempo pieno e retribuito con uno stipendio molto basso – un impiego per aziende private. Nel 2017, la donna ha collaborato con la Vorwerk Italia per proporre a domicilio il robot da cucina Bimby. Dal 2018 al 2022, è stata una venditrice on line degli integratori griffati The Juice Plus+.
Peccato che entrambe le mansioni fossero incompatibili con il primo lavoro: quello di coadiutore amministrativo dell’Asst Nord Milano, in regime di part time al 70% e con contratto a tempo indeterminato sottoscritto il primo gennaio 2017. Così la cinquantaduenne è stata condannata dalla Corte dei Conti a restituire gli stipendi incassati nel quinquennio finito sotto i riflettori, al netto delle imposte: il totale fa 12.675,38 euro.
La vicenda inizia il 13 aprile 2022, quando un dirigente medico dell’azienda socio sanitaria territoriale segnala all’Unità risorse umane il presunto doppio lavoro dell’impiegata. Da quell’alert scattano le prime verifiche: su Facebook vengono rintracciati alcuni video “nei quali la dipendente “condivideva” la propria attività di procacciatrice per la Juice Plus+”. A quel punto, la direzione generale informa il Dipartimento della funzione pubblica del “potenziale svolgimento di attività lavorativa non autorizzata”. Si muovono pure i militari delle Fiamme Gialle, che il 4 maggio 2023 trasmettono una relazione alla Procura contabile.
Dal report emerge che la donna ha svolto due attività extraistituzionali: “nel 2017, venditrice a domicilio dell’elettrodomestico denominato Bimby, in forza di incarico di collaborazione con la società Vorwerk Italia sas”; a seguire, “nel periodo 2018-2022, venditrice on line per conto della società The Juice Plus+Company srl, operante nel settore della commercializzazione di prodotti e integratori alimentari”. Di “tali fatti”, si legge nella sentenza, “vi è prova piena, costituita dalla documentazione acquisita dalla Guardia di Finanza (contratto di incarico, ricevute e certificazioni fiscali, documentazione amministrativa proveniente dalle aziende committenti) e dalle dichiarazioni confessorie” della donna. Altrettanto pacifico è che l’impiegata “non sia mai stata autorizzata dall’amministrazione allo svolgimento di attività extraistituzionali”.
Una condotta che ha violato un decreto datato 1957, che vieta ai dipendenti pubblici di esercitare “il commercio, l’industria, né alcuna professione”, di “assumere impieghi alle dipendenze di privati” o di “accettare cariche in società costituite a fine di lucro”; il tutto “in osservanza del principio costituzionale dell’esclusività del rapporto di pubblico impiego”.
La legge prevede una deroga per i part time, ma, fermo restando che la cinquantaduenne non ha mai fatto richiesta di usufruirne, si applica solo per i dipendenti “con prestazione lavorativa non superiore al 50%”. Conclusione: “Ha trasgredito i suoi doveri, ben sapendo di danneggiare l’amministrazione con il suo comportamento”. Stando a quanto emerge dagli atti, la diretta interessata, già sospesa per quattro mesi nel 2023, si è dimessa nel settembre 2024.