
A sinistra, l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabad, 38 anni, fermato il 16 dicembre a Malpensa con l’accusa di terrorismo
Con la liberazione della giornalista Cecilia Sala potrebbe profilarsi, già nelle prossime ore, anche il rilascio di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano "specializzato in droni" fermato a Malpensa lo scorso 16 dicembre, su richiesta degli Stati Uniti, che lo accusa di associazione per delinquere e terrorismo, ora in carcere a Opera. Le due vicende sono apparse fin da subito intrecciate, al di là delle smentite ufficiali che sono arrivate dalle autorità italiane e da quelle iraniane, fino alla tarda serata di ieri.
La scarcerazione della freelance rilasciata dal carcere di Evin, a Teheran, dov’è rimasta chiusa 21 giorni, ha aperto nuove possibilità per l’ingegnere reclamato dagli Usa. Cristallizzata a oggi la situazione ha in calendario due date importanti per Abedini: la prima è il 20 gennaio, cruciale perché per quel giorno è fissato il cambio della guardia alla guida degli Stati Uniti, dall’amministrazione di Joe Biden a quella di Donald Trump. E con Trump la premier Giorgia Meloni ha già parlato nella missione lampo.
La seconda data importante, è più vicina, ed è quella della udienza fissata per il 15 in Corte d’Appello a Milano. Quella mattina i giudici della Corte si riuniranno per decidere se concedere o meno ad Abedini gli gli arresti domiciliari, chiesti dal suo avvocato Alfredo De Francesco e su cui la procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, si è espressa in modo negativo, ritenendo che le circostanze rappresentate nella richiesta, in particolare la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del consolato dell’Iran insieme all’obbligo di firma, senza braccialetto elettronico, "non costituiscano sufficiente garanzia per contrastare il pericolo di fuga".
Il parere della procura generale, la Nanni ha ribadito il suo "no" anche ieri, in serata, però non è vincolante e il destino dell’"uomo dei droni" resta comunque appeso alla decisione della Corte d’Appello.
Se i giudici daranno l’ok alla detenzione domiciliare nell’appartamento trovato dal suo avvocato, poi il processo di estradizione proseguirà ed entro 40 giorni dovranno arrivare le carte dagli Usa. Se i giudici della Corte d’Appello, invece, diranno "no" ai domiciliari, allineandosi con la Procura generale, resta la carta del ministro della Giustizia, che ha il potere di revocare con effetto immediato l’arresto e liberare Abedini e a quel punto decadrebbe il resto del procedimento. Negli ambienti giudiziari milanesi si attende proprio questa richiesta del ministro Carlo Nordio e non si esclude che possa arrivare a breve, a sbloccare il complicato scenario. L’istanza, prevista dal codice di procedura penale, significa che il ministero non vuole più dare seguito alla richiesta di estradizione degli Stati Uniti. E dunque, Abedini uscirebbe da Opera, potrebbe rientrare in Iran e il procedimento di estradizione si estinguerebbe. Da Teheran, fonti qualificate del ministero degli Esteri della Repubblica Islamica auspicano che l’ingegnere "torni presto a casa".
Anna Giorgi