Il racconto di Federica Lucà: "Scoprirsi Asperger all’età di 25 anni"

Nel suo libro cerca di sfatare tabù e falsi miti sull’autismo: empatici sì, Rain Man no

Il racconto di Federica Lucà: "Scoprirsi Asperger all’età di 25 anni"

Il racconto di Federica Lucà: "Scoprirsi Asperger all’età di 25 anni"

"Nonostante l’attenzione sia cresciuta negli ultimi anni, ci sono ancora molti stereotipi sullo spettro autistico. L’autistico è una persona come le altre, non un tipo alla “Rain man“ in grado di sbancare il casinò, grazie ad abilità straordinarie di calcolo" dice Federica Lucà, 33 anni, che ha appena debuttato in libreria con "Lo spettro che non fa paura" (Do It Human editori; sarà presentato il 7 febbraio alle 19 all’Ècate Caffè Libreria di via Pomponazzi a Milano). Un libro che ha il pregio di poter esser letto come avvincente autobiografia ma anche come guida preziosa che spazza via miti e tabù sul disturbo. Un impegno divulgativo che Lucà, studentessa di Psicologia e madre di un adolescente, porta avanti sui social da 6 anni (il suo profilo Instagram è seguito da oltre 50mila follower). L’autrice è anche Life e Autism Coach.

Federica, nel libro lei racconta di aver ricevuto la diagnosi solo a 25 anni. Che infanzia e adolescenza ha vissuto?

"Burrascose. Ho sempre avuto difficoltà a socializzare: per me è sempre stato difficile riuscire a capire cosa si aspettassero gli altri da me, così come vivere una situazione sociale senza provare ansia. Anche per gli stimoli sensoriali ho sempre manifestato una maggiore sensibilità: un fastidio che collimava col dolore per le cuciture di vestiti, non solo per luci e suoni forti".

Come veniva interpretata la sua diversità da piccola?

"Come un eccesso di timidezza o un capriccio. All’ingresso nel mondo del lavoro le cose sono peggiorate perché mi era difficile interagire col team, capire esattamente le consegne. Ho capito che in me c’è qualcosa che non andava e dovevo darle un nome. Mi sono messa a studiare a psicologia da sola. Quando ho scoperto quali fossero i tratti della sindrome di Asperger – che non è più considerata una diagnosi a sé, ma rientra nel più ampio spettro autistico – mi sono detta: “Bingo, l’ho trovata“. La diagnosi vera è arrivata nel 2015, al laboratorio di Autismo dell’università di Pavia".

Poi?

"La chiarezza sulla mia condizione mi ha aiutato e permesso, poi, di dare una mano agli altri. Sui social mi scrivono moltissime persone, non solo autistici, ma anche tutto il mondo di affetti attorno. Spesso mi accorgo che sopravvivono ancora tanti luoghi comuni, come la convinzione che sia una malattia con sintomi, quando è una condizione con dei tratti, o l’idea che le persone autistiche siano incapaci di provare sentimenti: la verità è che, avendo una struttura neurologica diversa, i sentimenti li dimostriamo in altro modo. Perniciosa è poi l’idea che tutti gli autistici siano geni dell’informatica: non è così ma spesso le offerte di lavoro arrivano solo da questo settore".

Che consiglio darebbe a genitori, insegnanti, amici?

"Mettersi nei panni degli autistici, usare quell’empatia di cui, a torto, le persone autistiche sono accusate di esser prive".

Annamaria Lazzari