È un Paolo Scaroni fiducioso nel progetto presentato al Comune di San Donato per regalare al suo Milan uno spazio d’eccellenza: "Da 4 anni abbiamo intrapreso un percorso per dotare il club di uno stadio fra i migliori al mondo, capace di accompagnarci verso un futuro vincente e sostenibile. Quello di oggi è uno step preliminare nell’evoluzione di questo percorso, ma è anche un’ulteriore testimonianza dell’impegno della nostra proprietà per garantire al Milan una crescita continua, dentro e fuori dal campo".
Il presidente rossonero, però, non chiude la porta a quello che è stato per mesi il progetto più gettonato, la costruzione di un nuovo stadio a San Siro. "Non stiamo dicendo “addio e grazie“ – riflette –: l’ipotesi San Siro è più lontana ma non è morta, è solo più lontana. Pensare di costruire nello stesso posto una nuova casa lasciando in piedi anche il Meazza è inaccettabile, lo dice anche il sindaco Sala ma la posizione della sovrintendente è scomoda. Ha anticipato che considera il secondo anello di valore architettonico e quindi non può essere demolito: io non sono un esperto ma già immagino quanti storici dell’arte verrebbero a Milano a studiare quella parte di stadio…Questo dato di fatto ha lasciato interdetti noi, l’Inter e il sindaco, sta a lui ora vedere se sia possibile rimuovere questo vincolo. Se ci dovesse riuscire si aprirebbe uno scenario per cui il progetto, ora considerato “malaticcio“, tornerebbe più che mai sano. Da parte nostra, però, andiamo avanti come dei treni sul progetto San Donato su cui abbiamo lavorato molto, con impiego di energie e di sforzi economici".
La palla, quindi, passa al sindaco e alla sua capacità (e volontà) di cambiare un destino che sembra già scritto. E Sala, ieri pomeriggio, ha risposto a distanza a Scaroni: "Paolo è un amico e sa benissimo che se avessi la possibilità di togliere il vincolo su San Siro lo toglierei. Credo che un vincolo del genere, tra l’altro è di tipo culturale, sia una follia". E ancora:"Siccome qualcuno l’ha messo questo vincolo, dobbiamo capire cosa possiamo fare. Non ho il potere di toglierlo ma se lo potessi fare lo toglierei in un secondo". Per Scaroni, alla fine, conta il risultato: "In analogia con tutti gli stadi già esistenti fuori Italia vogliamo trasformare la partita di calcio, più o meno di cartello, in un evento che le aziende e grandi clienti possano sfruttare come strumento di marketing e promozione". La direzione presa sembra portare sempre più verso San Donato e le parole di Tim Romani, ex presidente di CAA Icon e project leader di questo progetto insieme al suo stretto collaboratore Nicholas Gancikoff, lo confermano: "Per me questo sarà l’ultimo lavoro, sono qui perché lo faremo. Il progetto sarà completato".
Ilaria Checchi