
Il fenomeno voice shaming. Derisioni, offese e rinunce: il disagio dei balbuzienti. Nelle scuole il 73% dei casi
Il nome scelto per il loro Osservatorio è un calco, una scelta voluta per sottolineare il buio nel quale è costretto il fenomeno che si vuole monitorare sebbene le dinamiche secondo le quali si manifesta e le conseguenze provocate in chi ne è vittima siano assimilabili a fenomeni altrettanto delicati ma più dibattuti: "Voice shaming" è il nome. Sì, proprio come "body shaming". Perché, come anticipato, si è sposti allo stesso disagio. È l’Associazione Vivavoce ad aver attivato l’Osservatorio ad aver raccolto dati in merito al voice shaming. A presiederla è Giovanni Muscarà, che ancora oggi ricorda il nome della compagna di classe che il primo giorno di scuola, di fronte alla sua balbuzie, gli chiese se fosse una gallina. Il suo vice, nonché co-ideatore dell’associazione, è Camillo Zottola e la sua storia è nell’articolo a fianco. I dati arrivano da una ricerca condotta tra 205 persone con balbuzie seguite dal Centro medico Vivavoce. L’età media degli intervistati è 24 anni, ma hanno partecipato pazienti tra i 14 e i 64 anni.
La quasi totalità – oltre il 99% – ha risposto di aver avuto esperienza di episodi di voice shaming. E nel 73% dei casi gli intervistati hanno indicato la scuola come il luogo in cui hanno vissuto tale esperienza. È nella fascia dell’adolescenza che si verificano maggiormente episodi legati a questo tipo di discriminazione. E se il 23,5% degli intervistati risponde di avere avuto una sola esperienza di voice shaming durante gli anni della primaria – quota che sale al 28,6% per la scuola secondaria di primo grado, vale a dire le medie, e raggiunge il 36% alla secondaria di secondo grado, quindi le superiori –, ben il 45% dei pazienti che hanno partecipato alla ricerca afferma, invece, di essere stato vittima di voice shaming per un periodo prolungato, superiore ai due mesi. Il fenomeno – si legge sempre nella ricerca di Vivavoce – si manifesta in diverse forme: nella maggior parte dei casi le persone intervistate hanno dichiarato di aver subito derisione (48% del campione) e si è trattato di episodi ripetuti nel tempo. Molto spesso si traduce in una forma di giudizio, come uno sguardo o una risata (32%), mentre è più raro (4,3%) il caso di intervistati che indicano di avere subito violenze fisiche o verbali a causa dei propri problemi di linguaggio. Nell’8,2% delle risposte la persona con problemi di linguaggio ha sperimentato l’esclusione da un gruppo.
Quanto all’impatto del fenomeno, per chi subisce forme di voice shaming l’esperienza vissuta è assimilabile a quella delle vittime del bullismo. La reazione emotiva più comune riportata dagli intervistati, infatti, è il senso di umiliazione (62%), seguita dal senso di inadeguatezza (il 53% del campione), quindi dalla rabbia (46%) e dalla frustrazione (45%). La reazione più frequente delle vittime di voice shaming è la dissimulazione: il 62% degli intervistati dice di avere finto di ignorare la cosa, il 19% di avere finto di riderci sopra. La strategia che più spesso si mette in atto quando si ha una balbuzie, è quella dell’evitamento: evitare di esprimersi perché ci si vergogna di come si parla. "Quasi la metà degli intervistati, il 42% – sottolinea Muscarà – ha confidato che avrebbe voluto essere compreso e difeso da qualcuno: un insegnante, un amico o un collega. Questo dato rende tangibile la necessità di accendere i riflettori sul fenomeno del voice shaming. Spesso chi soffre di problemi alla voce arriva a fare grandi rinunce professionali e sociali proprio per la paura di esporsi".