
Ci sono carte e campane a morto che proprio non riescono a suonare nella testa. Non trovano posto, rimangono sospese come il cucchiaino nella mano sul caffè in attesa dello zucchero. Da qualche giorno anche la macchina del caffè è spenta al Bar Sport, separata dalla piazza da una serranda calata piena di biglietti, fotografie, maglie calcistiche e persino una racchetta da tennis. La stessa che “il Gere” ha usato per giocare l’ultima volta prima di essere ricoverato per covid-19, la malattia che lo ha poi portato via pochi giorni fa. Ieri il funerale di Geremia Gornati, barista e istituzione casorezzese, è stato al tempo stesso un esempio di compostezza (distanziamento, mascherine) e di grande dolore e affetto, con la piazza piena di persone riunite proprio di fronte al bar dove “il Gere” ha passato buona parte della propria vita.
"Il bar era il tuo secondo grande amore" ha detto la moglie Mirka durante la cerimonia, seguita a distanza a causa dell’isolamento: solo due figli e alcuni parenti non in quarantena sono potuti entrare in chiesa con le altre persone, in questo periodo assurdo e sospeso dove ai morti manca l’abbraccio e ai vivi il conforto. La Champions league del 2010 vinta dall’Inter, la sua squadra, i Mondiali del 2006, il premio Milano Produttiva della Camera di Commercio del 2012, le gite in montagna, il calcio, il tennis, la bicicletta, il vino, gli amici, il gruppo degli Irriducibili, la famiglia e ancora gli amici. Sempre, gli amici. I canti dei giorni di festa, le lacrime dei giorni difficili e le centinaia, migliaia di giorni tutti uguali e meravigliosamente banali passati tra l’alzarsi e l’abbassarsi della serranda. Nessuno dimenticherà il Gere, perché avevano sete e ha dato loro da bere.
Camilla Garavaglia