REDAZIONE MILANO

"I furbetti del reddito si candidano per il lavoro nero"

La denuncia di imprenditori a caccia di camerieri, baristi e chef. I buoni stipendi non allettano e c’è chi non vuole il turno festivo

di Annamaria Lazzari

Cercasi con urgenza baristi, camerieri e chef. Fioccano gli annunci sul web ma anche i cartelloni sulle vetrine di bar, locali e ristoranti che devono ricostruire gli staff con la ripartenza delle attività. Un’impresa a quanto pare: secondo gli imprenditori ci sarebbero alcuni candidati che vorrebbero lavorare in nero per continuare a intascare i soldi del reddito di cittadinanza. Altri raccontano che i "promessi lavoratori" pongono condizioni incompatibili col mondo dei pubblici esercizi, come il rifiuto di fare turni nei weekend. E si registra un’altra fenomenologia diffusa: c’è chi fa clic all’annuncio su internet ma poi sparisce al momento della prova.

"Sto impazzendo da tre mesi per trovare personale da sala e da cucina. Tra colloqui e prove si presenta uno su tre. Molti chiedono lavoro non contrattualizzato per non perdere il reddito di cittadinanza o la Naspi. Di recente ho assunto tredici persone: tre si sono già licenziate perché devono partire per le vacanze o non vogliono turni nel weekend. Mi mancano ancora cinque figure" dice Michele Scuncia, titolare dell’hamburgeria “Special“ di via Lecco (oltre che di “Oro Street Bar” e di due pizzerie “Little Italy”). Non è vero secondo Scuncia che il comparto offra paghe da fame: "Ho messo sul piatto 200 euro in più rispetto all’anno scorso: 1.600 euro al mese". Il 15% in più: eppure non basta.

"Anche nel mio locale ci sono ragazzi che non vogliono contratti per evitare la decadenza dei sussidi statali. Nella mia azienda però il nero non esiste" dice Adriano Rizzi, titolare della “Toasteria Italiana” di corso san Gottardo alla ricerca di un figura "ibrida" in grado di muoversi fra banco e cucina. Si apre a tutte le età: "Ho appena assunto un uomo di 54 anni" dice Rizzi.

In caso di accertamenti i "furbetti" perdono il beneficio ma sono gli imprenditori a rischiare di più se fanno lavorare senza regolare contratto: la maxi-multa può arrivare a quasi 50mila euro.

Si fa fatica a trovare anche gli chef. Luciano Mandras del ristorante “Ponte Rosso“ sul Naviglio Grande ci ha messo mesi: "Lo chef precedente se ne era andato a marzo, stufo della cassa integrazione ha accettato una proposta di un ipermercato. Su internet ho postato un annuncio offrendo da 1.500 a 3mila euro a seconda del curriculum. Ho ricevuto un’ottantina di candidature. Alla fine sono riuscito a trovare la persona giusta solo due giorni fa. È un ragazzo di 33 anni con buone esperienze e voglia di fare. Lo stipendio? Partirà con 1.800 euro al mese".

Niccolò Butera, responsabile di un nuovo locale in piazza XXIV Maggio “Mood F205“, è ancora alla ricerca di due o tre persone per completare la brigata: "Mai successo in anni di esperienza. Il problema è che si candidano in tanti con un clic ma poi quando fissi il colloquio non si presentano. Altri spariscono per la prova, senza neppure avvisare. Eppure la proposta economica di 1.400 euro come cameriere o barista mi pare di tutto rispetto". La sua dipendente Giulia Checchi, 20 anni, studentessa in Filosofia, alla sua prima esperienza al servizio ai tavoli, è già stata "corteggiata" da altri gestori di locali sui Navigli: "Quando rispondo che sono a posto mi chiedono se conosco amici disposti a lavorare… Sono messi un po’ alla frutta".