Huawei, l’ombra del virus sul polo d’eccellenza a Milano Due

Il blocco dei collegamenti isola il centro di ricerca dove nasce la tecnologia del futuro. "Progettiamo le città del prossimo decennio"

Centro ricerche Huawei di Milano Due

Centro ricerche Huawei di Milano Due

Milano, 6 febbraio 2020 - Nei laboratori nel cuore di Milano Due, il quartiere residenziale costruito negli anni ’70 da Silvio Berlusconi, vengono progettate le tecnologie per le “smart city” del presente e le città di un futuro che si avvicina a rapidi passi, con connessioni sempre più potenti e sistemi di trasporto che possiamo solo immaginare. Il centro ricerche milanese del colosso Huawei, simbolo di una Cina che investe in Italia e punta sulle università d’eccellenza, si trova a fare i conti con il blocco aereo che sta provocando ripercussioni su tutte le imprese che hanno stretti contatti con il Paese asiatico isolato dall’emergenza Coronavirus. Le conference call hanno sostituito il rapporto “face to face”, le partenze per la Cina sono state rimandate a data da destinarsi e un ricercatore cinese che lavora a Milano è rimasto bloccato nella città di Wuhan. Un dispenser di gel igienizzante per le mani è stato installato all’ingresso.

Per precauzione i lavoratori tornati da poco da Oriente restano a casa, sotto osservazione, per due settimane. "L’impatto si sta facendo sentire e forse il blocco aereo è stato una scelta affrettata", spiega Renato Lombardi, direttore del Centro ricerche Huawei, che ieri avrebbe dovuto partire per Shanghai ma è rimasto in Italia.

«La tecnologia può sostituire gli spostamenti - prosegue - ma in certi casi, anche per i fusi orari differenti tra i due Paesi, la presenza sul posto resta fondamentale". Si attende che rientri l’emergenza, con il pensiero rivolto ai colleghi rimasti in Asia, mentre nel silenzio prosegue il lavoro per sviluppare tecnologie che "arriveranno sul mercato tra 10 o 15 anni", quando sarà superata anche la connessione iperveloce 5G, con Huawei uno dei leader mondiali e Milano la città-pilota in Italia.

Nel laboratorio lavora un team composto da un centinaio di ricercatori altamente specializzati, principalmente ingegneri elettronici provenienti dalle università italiane, figure professionali molto difficili da trovare. Studiano ponti radio e tecnologie delle microonde usate nella comunicazione mobile e satellitare. In una grande camera anecoica, rivestita di un materiale simile alla grafite che assorbe le emissioni eliminando le interferenze, vengono testate antenne ad alta frequenza.

Tra strumenti e computer di ultima generazione nascono tecnologie per le auto “senza pilota”, a guida autonoma, e per regolare le “smart city” del futuro. "Immagino le strade come canali di telecomunicazioni - spiega Lombardi - e le auto come bit. Un mondo sempre più connesso, telecamere e dati in circolazione, con la necessità di trovare un equilibrio tra lo sviluppo e il rispetto della privacy". E il “teletrasporto” potrebbe non essere più un sogno grazie alla realtà aumentata in grado di "ingannare il cervello" e proiettare i sensi nello spazio superando le barriere. Il centro ricerche aperto 12 anni fa, che lo scorso agosto era finito nella “black list” del Dipartimento del commercio Usa nell’ambito della guerra dei dazi con la Cina, è una delle punte di diamante degli investimenti del gigante asiatico in Italia.

La scelta è ricaduta su Milano per le università e in generale un "ecostistema favorevole" alle industrie dell’hi-tech. "Abbiamo accordi importanti con atenei come il Politecnico o l’Università di Pavia - sottolinea Lombardi - cerchiamo di attirare le migliori risorse". Un filo diretto tra Milano e Pechino interrotto, almeno per quanto riguarda gli spostamenti fisici, dall’emergenza Coronavirus.  

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