Graziano Mesina rifiuta le cure mediche a Opera: per i giudici non può avere i domiciliari

De Corato: “fa come Cospito, mi auguro che la Magistratura prosegua in questa direzione, non cedendo a continui ricatti di detenuti al 41bis”

Graziano Mesina a Orgosolo, dopo la scarcerazione nel 2019

Graziano Mesina a Orgosolo, dopo la scarcerazione nel 2019

Opera (Milano) - Graziano Mesina, l’ex primula rossa del Supramonte, 80 anni detenuto ad Opera, “rifiuta” le cure e ogni accertamento diagnostico e quindi non è possibile arrivare ad una “diagnosi certa” sulle sue condizioni di salute. Lo scrive il Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduto da Giovanna Di Rosa, in un provvedimento con cui nelle scorse settimane ha deciso, in un procedimento aperto d’ufficio, che non si possa concedere a Mesina il differimento pena con detenzione domiciliare. Il principio espresso (giudice estensore Giovanni Gerosa) è che l’opposizione a cure e diagnosi da parte del detenuto non consente il differimento pena.

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Mesina “rifiuta” le cure

Nel provvedimento della Sorveglianza (con giudice a latere Laura De Gregorio), depositato ai primi di marzo, viene spiegato che Mesina, detenuto nel carcere milanese dallo scorso giugno, si pone “in maniera oppositiva” di fronte alle cure e ai tentativi da parte del personale medico, a cui non offre alcuna collaborazione, di arrivare ad una diagnosi certa.  E le sue condizioni, per quanto possibile, vengono valutate come "apparentemente” discrete.

Impossibile un “quadro diagnostico”

Con questa decisione, presa in un procedimento aperto d’ufficio da parte dei giudici e senza un’istanza difensiva, i magistrati milanesi, sulla base della giurisprudenza, esprimono un principio, ossia che, poiché non si può approfondire il "quadro diagnostico” di fronte al rifiuto del detenuto, non si può concedere a quel punto il differimento pena.

Come Alfredo Cospito

Un principio, tra l’altro, simile e in linea con quello che nei giorni scorsi ha portato la Sorveglianza milanese a respingere la richiesta di differimento pena con detenzione domiciliare avanzata dall’anarchico Alfredo Cospito e in questo caso sul punto della “autoinduzione” in uno stato critico, attraverso un consapevole sciopero della fame. Mesina, ex esponente del banditismo, evaso più volte (l’ultima nel 2020) e con fine pena previsto nel dicembre 2045, stando agli atti, ha deciso di “autodimettersi” dalle cure ai primi di dicembre scorso.

“No” ai domiciliari

Per lui, tra l’altro, nei giorni scorsi il Tribunale di Sorveglianza di Sassari (prima era detenuto in Sardegna) ha rigettato l’istanza di detenzione domiciliare per motivi di salute avanzata dalla sua difesa, secondo la quale l’ex latitante sta male a causa dell’avanzare dell’età e della vita troppo sedentaria.

De Corato: “Tutto ciò assurdo”

“Trovo tutto ciò assurdo perché, lo ricordo, stiamo parlando di criminali e mafiosi che hanno compiuto tutta una serie di gravissimi reati. Mesina, in particolare, è colui che è stato anche mediatore nel sequestro di Farouk Kassam ed ha provato ad evadere, dal carcere, 22 volte e, 10 di queste, ci è riuscito. Spero e mi auguro che la Magistratura prosegua con questa linea ed in questa direzione, non cedendo a continui ricatti di detenuti al 41bis”, ha affermato il vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Riccardo De Corato, sulla mancata concessione, da parte del Tribunale di Sorveglianza di Milano, dei domiciliari nei confronti di Graziano Mesina.

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