
La scala trasparente del progetto illustrato da Bradburne
Milano, 7 maggio 2019 - Dal montacarichi sottodimensionato che non permette di trasportare tutti i quadri di grande formato (che sono più venti) nei depositi di Palazzo Citterio, sino all’ingresso non idoneo e alla scala poco funzionale. Per non parlare del microclima che non assicura una corretta conservazione delle opere, a tal punto che «nessun direttore di museo potrebbe affidare dei quadri a questo edificio». Un lungo cahier de doléances presentato da James Bradburne, direttore dalla Pinacoteca di Brera per arrivare al cuore del problema: il progetto della Grande Brera è da rivedere e palazzo Citterio, se tutto va bene, potrebbe aprire al pubblico solo nell’estate del 2020, e non prima. Molti i «ma» e i «se» in questa vicenda «ma non dipendenti dalla nostra volontà», dice il direttore allargando le braccia. Perché per realizzare questo sogno inseguito da 47 anni, ora si rende urgente un nuovo intervento. L’edificio restaurato dalla Soprintendenza «non è idoneo» per ospitare un museo e Bradburne sulle consegne del palazzo dice che «avevo pensato di dirlo ma poi sono un essere umano e come un bambino lasciato allo Spedale degli innocenti noi lo abbiamo accolto». Così ha presentato la sua idea di restyling: «i soldi ci sono, il progetto scientifico pronto per la gara pure», ha confermato sfoderando fiducia e il nuovo rendering.
Si dovrà accedere a Palazzo Citterio dal 14 di via Brera e non dal 12, all’ingresso Fiumana di Giuseppe Pellizza, in dialogo con le opere di Giovanni Segantini e di Gaetano Previati daranno il benvenuto ai visitatori. La nuova scala di vetro permetterà una migliora circolazione dei visitatori. Al primo piano troverebbero spazio recenti donazioni a Brera: 22 dipinti della serie Le Fantasie di Mario Mafai eseguiti tra il 1940 e il 1944 e le collezioni Jesi, Vitali e Mattioli. Nei locali del piano ammezzato saranno riuniti i 152 dipinti dalla «Raccolta 8 x 10» di Cesare Zavattini, acquisiti da Brera nel 2008. A Palazzo Citterio andrà l’opera di Enrico Baj, I funerali dell’anarchico Pinelli, di proprietà della Fondazione Marconi che si è resa disponibile alla cessione dell’opera che ha dimensioni imponenti (tre metri di altezza e 12 di lunghezza) purché venga esposta alla città.
Certo, ci sono dei tempi tecnici da rispettare, per il monitoraggio del clima serve un anno e così pure per l’allestimento, in attesa dei permessi. Ma queste due fasi per Bradburne possono «gestirsi insieme» mentre ci sono variabili indipendenti dalla Pinacoteca come la gara d’appalto per i servizi aggiuntivi, bookshop e bar, e i problemi di organico. «Il nostro è carente di 30 persone e ne dobbiamo aggiungere altre 30-35 ma per fortuna il ministro ha detto che assicura che il personale arriverà». La lunga storia di Palazzo Citterio - costruito nel 1764 - inizia con Franco Russoli nel 1972 quando viene acquistato dallo Stato per ampliare gli spazi a disposizione della Pinacoteca. Pareva potesse essere pronto per la consegna nel 2017 ma ci sono stati continue proroghe dovute a problemi strutturali. Nell’aprile di un anno fa, il palazzo è stato aperto per tre giorni dalla Soprintendenza, ma già il mese dopo si sono verificate infiltrazioni che hanno portato al ritiro della consegna provvisoria, avvenuta nel maggio 2018.
Il 12 marzo 2019, dopo il collaudo tecnico amministrativo c’è stata la consegna di palazzo Citterio (via pec) alla Pinacoteca di Brera da parte del Segretariato regionale. «Non vorrei puntare il dito, succede... – stempera Bradburne però ci sono state conseguenze, e non abbiamo potuto spostare i quadri». Dal canto suo l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno riporta l’attenzione sulla scelta di esporre l’opera di Baj al termine del percorso novecentesco di Palazzo Citterio nel progetto scientifico di Brera Modern: «Ho sempre pensato che la scelta di esporre le opere d’arte debba essere responsabilità di direttori e comitati scientifici dei musei, non di politici o gruppi di pressione. Sono molto contento». E Licia Pinelli, attraverso la figlia Claudia, si è detta «lieta» di questa scelta.